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Giovanni
Boccaccio La vita |
I
dati sulla biografia di Boccaccio sono molto controversi, perché non si sa che
cosa corrisponda a verità e cosa sia invenzione in ciò che egli racconta di se
stesso.
Secondo
le interpretazioni più accreditate, Giovanni Boccaccio nasce nel 1313 a
Certaldo, come figlio illegittimo di Boccaccino di Chellino, agente della
potente compagnia mercantile dei Bardi. A Firenze compie i primi studi, ma nel
1327 si trasferisce a Napoli, forse con il padre, incaricato dai Bardi di
dirigere in quella città una filiale della compagnia. Avviato agli studi
bancari, si volge presto, per sua personale scelta, agli studi letterari. Si
trova così a fare contemporaneamente esperienza di due diversi ambienti: quello
vitale, ricco di iniziativa, del ceto mercantile e l'altro, raffinato e colto,
della corte angioina della città partenopea.
A
Napoli scrive le prime opere che trattano soprattutto il tema dell'amore: "Filocolo",
"Filostrato", "Teseida", "La caccia di Diana" e le
"Rime".
Nel
1340 Boccaccio lascia Napoli per ritornare a Firenze, dove incontra un periodo
di crisi economica e deve aiutare il padre, che si trova in difficoltà
finanziarie. Sul piano culturale, procede la maturazione artistica del giovane
che scrive nuove opere, tra le quali: "Ninfale d'Amleto", "Elegia
di madonna Fiammetta", "Ninfale fiesolanò" e "Amorosa
visione". Nel 1348, quando scoppia la peste, l'autore è ancora a Firenze
dove resterà gran parte della sua vita, dovendo aiutare la famiglia in seguito
alla morte del padre.
Il
Boccaccio tra il 1349 e il 1353, compone il "Decameron" opera che lo
farà diventare molto famoso.
Il
Comune di Firenze, riconoscendo le sue capacità, gli affida molte missioni
politiche e diplomatiche.
Nel
1350, il Boccaccio si reca a Ravenna per consegnare alla figlia di Dante dieci
fiorini d'oro, inviati dai fiorentini a riparazione dei danni subiti in passato
dalla famiglia Alighieri.
Un
anno dopo, si reca a Padova per offrire al Petrarca una cattedra nello studio
fiorentino. Nel 1353 va a Forlì per stringere alleanza contro i Visconti.
Successivamente va anche ad Avignone da papa Innocenzo VI e nel 1357 ritorna a
Ravenna.
Due
anni dopo, diventa ambasciatore fiorentino presso i Visconti a Milano. Oltre a
compiere questi viaggi, il Boccaccio nel 1355 si reca anche a Napoli, per
cercare di ottenere un posto come segretario del re, ma a causa di problemi che
si sono sviluppati nel regno, Boccaccio deve ritornare a Firenze. In questi anni
incontra il Petrarca. Questo avvenimento imprime una svolta alla vita di
Boccaccio, che decide di dedicarsi più a se stesso e alla propria interiorità
come fa anche il Petrarca. I due intellettuali diventano grandi amici e, ben
presto, Boccaccio considera il Petrarca come suo maestro e guida spirituale.
L'amicizia continuerà attraverso i reciproci scambi di lettere e opere. Spinto
da questa amicizia, il Boccaccio si dedica allo studio e alla promozione della
cultura classica (in particolare, della lingua greca, fino ad allora sconosciuta
nello studio fiorentino), diventando, con l’autore del “Canzoniere”, uno
dei primi umanisti. Dopo aver finito di scrivere il "Decameron", tra
il 1355 e il 1360 il Boccaccio scrive anche il "Corbaccio" e anche
altre opere minori ("Trattatello in laude di Dante", "Bucolicum
carmen", "Genealogia deorum gentilium" e "De casibus virorum
illustrium").
Verso
il 1360,a causa di un colpo di stato che coinvolge alcuni cari amici di
Boccaccia e che cambia la situazione di Firenze,lo scrittore si ritira a
Certaldo. Il comune però lo esclude per qualche tempo dalle attività
pubbliche; egli può così dedicarsi agli studi fino a quando, nel 1362, ha una
profonda crisi religiosa. Boccaccio riceve infatti la visita di un monaco che si
presenta con il nome di Gioacchino Ciani che lo avverte di una morte vicina e lo
invita a pentirsi ed a abbandonare poesie e scritti profani. Spaventato,
Giovanni Boccaccio decide di bruciare i suoi libri e di dedicare la sua vita ai
valori religiosi, ma interviene il suo amico e maestro Petrarca che lo dissuade
dal distruggere le sue opere e gli dimostra l'assoluta compatibilità tra fede e
poesia, fra letteratura e religione e lo convince del grande valore della sua
produzione. Nel 1363, lo scrittore si reca a Napoli, ma si allontana subito
dalla città per
la
cattiva accoglienza ricevuta. Riprende l'attività di inviato del comune di
Firenze e si reca ad Avignone,a Roma e ancora a Napoli. Negli stessi anni il
rapporto tra lo scrittore e il Petrarca si fa sempre più stretto; i due si
incontrano spesso e gli scambi epistolari sono molto intensi. Con il passare del
tempo, Boccaccio dedica sempre più spazio agli studi letterari e alle revisioni
delle opere già scritte. Nel 1370,compie l'ultimo dei suoi importanti
viaggi,e si reca a Napoli per qualche mese ospite della regina Giovanna
che lo accoglie con il dovuto rispetto, ma anche questa volta Napoli non lo
soddisfa e Boccaccio ritorna a Certaldo
Il
23 ottobre 1373, termina il suo appassionato lavoro di studio delle opere di
Dante e, nella chiesa di Santo Stefano di Badia, inizia la lettura pubblica
della "Divina Commedia", lettura che sospende dopo pochi mesi a causa
del suo stato fisico: le sue condizioni di salute peggiorano, l'obesità gli
provoca malesseri e disturbi , mentre delle febbri altissime lo colpiscono
periodicamente. Alla salute precaria si aggiunge il problema della crescente
povertà, che si placa coi vantaggi offerti dagli ordini minori presi seguendo
l'esempio del Petrarca. Uno dei suoi ultimi sonetti è ispirato dalla morte di
Petrarca (1374); poco più di un anno dopo, nel dicembre 1375, anche Giovanni
Boccaccio muore.