L’ORIGINE DI UN NOME
Il termine Sudtirolo nasce per la prima volta nel 1919, col trattato di SAINT GERMAIN. Fino ad allora, questa terra, era stata, nel corso dei secoli, una parte del Tirolo che l’imperatore Massimiliano I aveva acquisito per l’Austria intorno al 1500.
Oggi, per Sudtirolo, si intende la Provincia Autonoma di Bolzano, unita a quella di Trento nella regione Trentino- Sudtirolo (in precedenza, Trentino-Alto Adige).
Il nome Alto- Adige, che deriva da Haute Adige, invece, è una creazione napoleonica, in analogia con i dipartimenti francesi denominati, per lo più, secondo il corso dei fiumi.
COLLOCAZIONE GEOGRAFICA
Il Sudtirolo si estende (vedi
carta geografica panoramica) a sud dello spartiacque alpino ed è collegato con
il Nordtirolo dai passi Resia (1504 m) e Brennero (1371 m). Esso è formato
dalle valli che fanno capo al bacino idrografico dell’Alto Adige: Val Venosta,
Val d’Adige da Merano a Salorno, Val d’Isarco e Val Pusteria. La superficie
complessiva ammonta a 9.900 kmq.
LA
STORIA
Considerando la zona alpina e relativamente alla presenza dell’uomo, possiamo dividerla in quattro grandi periodi:
1)
LA
PREISTORIA
(12000 A. C. – 3500 A. C.). E’ il periodo della evoluzione, della
stabilizzazione delle razze e delle culture umane di cui non rimangono documenti
scritti
ma solo reperti
archeologici (manufatti) o antropologici
(ossa umane). Essa comprende la fine del PERIODO PALEOLITICO SUPERIORE o ANTICA
ETA’ della PIETRA, il periodo MESOLITICO, o MEDIA ETA’ della
PIETRA e il periodo NEOLITICO o NUOVA ETA’
della PIETRA.
2)
LA
STORIA (3500
A.C. – fino ai giorni nostri). Le conoscenze storiche di questo periodo si
fondono su testimonianze dell’intelletto umano, come documenti – scritti,
iscrizioni su pietra, tavolette e papiri. Essa comprende l’EVO ANTICO (3500 A. C. – 493 D. C.), che a sua volta include l’ETA’ del
RAME o CALCOLITICO (3500 A. C. – 2300 A. C.), l’ETA’ del BRONZO (2300 A.
C. – 1000 A. C.) e l’ETA’ del FERRO (1000 A. C. – 15 A. C.); dura sino
alla caduta dell’impero romano a seguito delle invasioni barbariche.
3)
Il
MEDIOEVO
(493 D. C. – 1492 D. C.). Per convenzione, ha inizio dalle invasioni
barbariche e perdura sino alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo
Colombo.
4)
L’EVO
MODERNO
(1492 D. C. – fino ai giorni nostri).
A) LA
PREISTORIA
La questione di chi fossero, nei secoli precedenti la nascita di
Cristo, i primi abitanti delle valli sudtirolesi è tutt’altro che risolta. I
glottologi e gli studiosi della preistoria, si devono infatti accontentare di
scarsi rinvenimenti archeologi ed antropologici.
Tuttavia, nonostante la
frammentarietà della documentazione impedisca una esposizione organica e
sicura, si possono comunque avanzare, cautamente, delle ipotesi. Con ogni
probabilità, già in epoca preistorica, l’uomo abita le valli a sud del
Brennero.Le tracce di una prima, parziale, colonizzazione risalgono all’ETA’
DELLA PIETRA ed, in particolare, alla fine del PALEOLITICO e al periodo
MESOLITICO (12000 A. C. – 5000 A. C.).
LE PRIME TRACCE DELL’ UOMO
Sono collocabili attorno al 12000 A. C., nella zona centrale delle Alpi e in quella regione, che dal MEDIOEVO, viene chiamata TIROLO.
Taluni reperti ritrovati
sull’ Alpe di Siusi sono della fine del PERIODO PALEOLITICO e si riferiscono
appunto al 13. mo millennio A.C.
I CACCIATORI MESOLITICI
All’inizio del Periodo Mesolitico (10000 – 5000) il clima si fa più mite, favorendo gli insediamenti degli uomini di questa epoca, le loro attività e i loro spostamenti. Compaiono, di conseguenza, nella regione alpina, i primi SITI DI FONDOVALLE (a 200 – 300 metri S.L.M) e i SITI DI ALTA MONTAGNA (oltre i 1900 metri S.L.M) da cui partono i cacciatori per spingersi, alla ricerca di cibo, presso i laghi di montagna, fin sulle cime più alte. In Sudtirolo, sono stati ritrovati dei siti mesolitici di fondovalle a San Giacomo presso Bolzano (strumenti litici), a Bressanone – Stufles (strumenti litici di selce e di cristallo di rocca) e a Naturno presso Merano.
Bisogna notare che a quel tempo, le praterie montane, dove vivevano i grandi mammiferi alpini, si estendevano in alto, sopra i 2000 metri, a nord. Ciò spingeva i cacciatori (vedi fig. n. 1) a risalire, durante l’estate, nelle zone più alte, specialmente presso valichi e passi, appunto per cacciare stambecchi e camosci. I siti d’alta quota sono quindi posti di bivacco e di accampamento e si trovano nell’area dolomitica dove più numerosi sono i pascoli, fra i 1900 e 2300 metri.
I siti d’altura più importanti sono 3: PASSO COLBRICON (1930 metri, presso il Passo Rolle), PASSO OCLINI (1990 metri, presso il Passo di Lavazè) e PLAN DE FREA (1925 metri, in alta Val Gardena). Le attività principali per procurarsi il cibo sono la raccolta di frutti spontanei del bosco e di vegetali commestibili, la caccia di grossi erbivori (cervo, capriolo, camoscio, stambecco, orso, lupo) e la pesca di pesci vari, molluschi, tartarughe di acqua dolce, presso laghi e stagni. Per poter cacciare, l’uomo lavora la SELCE, L’ OSSO, IL CORNO ed altri materiali per costruire RIPARI.
La lavorazione della PELLE,
(di CERVO, di CAPRA, di ORSO BRUNO),
gli consente di confezionare gli indumenti necessari.
ÖTZI,
L’UOMO VENUTO DAL GHIACCIO
Il 19 settembre del 1991, due turisti tedeschi, Erika ed Helmut Simon, rinvengono in vicinanza del rifugio SIMILAUN, a 3210 metri di altitudine una mummia umana (più tardi amorevolmente chiamata ÖTZI, dal luogo del ritrovamento, l’ ÖZTAL) ancora parzialmente ricoperta di ghiaccio (vedi FOTO A ).
Essa giace in un avvallamento (vedi FOTO B ) nei pressi del GIOGO DI TISA (o TISENJOCH), al confine italo- austriaco, che ne impedisce il graduale scivolamento a valle. La perfetta conservazione del cadavere dipende dal FÖHN, vento asciutto e caldo, che a quel tempo lo asciuga prima di venire coperto e quindi conservato da uno spesso strato di ghiaccio. Pochi giorni dopo, la salma viene portata all’ Istituto di Anatomia di Innsbruck, dove viene presa in consegna per garantirle un’ottimale conservazione e per poter iniziare le ricerche scientifiche.
Quest’ultime, realizzate con grande meticolosità, accertano che la mummia appartiene al genere maschile ed è vissuta tra il 3350 e il 3100 A.C. (ETA’ DEL RAME).
L’uomo, un cacciatore o un pastore, al momento del decesso, ha una statura di 1,59 m, un’età di circa 46 anni e pesa 50 kg (vedi FOTO C).
Il fatto straordinario di questa scoperta è che un uomo, strappato improvvisamente alla vita, viene riportato alla luce in abbigliamento quotidiano col suo equipaggiamento (ascia, arco, faretra, pugnale, ritoccatore, rete, gerla ecc.), e che quindi è possibile, per la prima volta, studiare il vestiario di un essere umano vissuto all’inizio del CALCOLITICO o ETA’ del RAME.
Oggi, ÖTZI è conservato in
una costosissima cella frigorifera (vedi FOTO
D) appositamente realizzata
all’interno del Museo Archeologico dell’Alto Adige, nella città di Bolzano
e nelle stesse condizioni in cui è stato trovato: 100% di umidità e –6° di
temperatura.
IL “GIALLO” DEL CONFINE
L’equivoco
Sabato 21 settembre 1991, i
carabinieri della stazione di Senales, in provincia di Bolzano, dichiarano
testualmente: “in questo secolo non risultano persone scomparse nel ghiacciaio
del NIEDERJOCHFERNER. Il 28 settembre, arriva la prima nota ufficiale del
commissariato del Governo di Bolzano: “si precisa che il corpo rinvenuto nella
zona del Similaun, come è stato constatato da un sopralluogo compiuto nella
mattina del 21 settembre dai carabinieri e, come confermato dai loro colleghi
gendarmi, si trova in territorio austriaco. A Innsbuck sono talmente sicuri che
il luogo del ritrovamento sia nel loro territorio, che si muovono rapidamente
per prelevare con l’elicottero il corpo mummificato col relativo corredo. Ma
il 3 ottobre 1991, la gendarmeria austriaca (ironia della sorte) dà
clamorosamente la notizia ufficiale che il rinvenimento della salma è avvenuto
in territorio italiano; per 92 metri e 56 centimetri!!
B)
L’EVO ANTICO
LE PRIME POPOLAZIONI
Di vere e proprie popolazioni , però, si può parlare solo a partire dall’ETA’ DEL BRONZO con l’avvento degli ILLIRI provenienti dal sud-est dai quali (vedi FIG. N° 2) discendono gli attuali albanesi. Nella ETA’ del FERRO si stanziano, nel 500 A.C. gli ETRUSCHI, di cultura particolarmente avanzata, a cui seguono nel 300 A.C. i CELTI, i LIGURI, i VENETI e i GALLI CENOMANI. Dal 113 al 102 A.C. giungono i CIMBRI, sino a quando i Romani conquistano TRIDENTUM (Trento) e riuniscono tutte le popolazioni presenti, così variegate, in un unico popolo, chiamato dei RETI.
Così i territori alpini sono
assoggettati a ROMA e rimangono sotto il suo dominio, coi nomi di RAETIA II,
NORICUM, e VENETIA CUM HISTRIS, cioè
X REGIO (vedi FIG. N° 3) per un periodo di oltre 4 secoli.
LA ROMANIZZAZIONE
Sono i figliastri di Augusto, Druso e Tiberio a conquistare e a sottomettere nel 15 A. C. il territorio Alpino. Il periodo dell’occupazione Romana, per merito di un superiore grado di civiltà e di cultura, consente:
L’introduzione del DIRITTO ROMANO
La nascita di numerose IMPRESE ARTIGIANE
La diffusione del CRISTIANESIMO
La costruzione di una imponente RETE STRADALE, della quale citiamo
la VIA CLAUDIA AUGUSTA che unisce
Aquileia con Augusta Vindelicum (l’attuale Augsburg)
Un notevole impulso al COMMERCIO e all’AGRICOLTURA
La fondazione di grosse COLONIE e STAZIONI DI APPROVVIGIONAMENTO
lungo le vie principali
L’apprendimento, da parte delle popolazioni locali, della
tecnica per le COSTRUZIONI in MURATURA
Una forte ACCULTURAZIONE delle popolazioni indigene che accolgono
con favore e fanno proprio il LATINO POPOLARE
parlato dagli impiegati, dai soldati e dai commercianti romani e che, nel
corso delle generazioni si trasforma nella parlata LADINA
o RETOROMANZA
o ROMANCIA (vedi
FIG. N° 4). Tale lingua viene ancora oggi parlata in Val Badia, in Val
Gardena, in Val di Fassa, a Cortina e a Livinallongo.
Di dar vita a numerosi insediamenti tra cui quello di SAEBATUM (vedi FOTO
E), presso S. Lorenzo in Val Pusteria.
C) IL MEDIOEVO
Le invasioni barbariche
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, avvenuta nel 476
d.C., prende corpo, intorno al 600 d.C., l’immigrazione e la presa di potere
dei popoli germanici, quali i LONGOBARDI, i FRANCHI e i BAJUVARI. Inizia così
inesorabilmente un processo
lento ma costante di germanizzazione
che porta, attraverso un periodo durato un millennio (dal 600 al 1600 d.C.) la
popolazione reto-romana a fondersi con quella germanica dominante e ad
abbandonare la propria lingua per passare a quella tedesca.
Ma
nel 774 d.C. Carlo Magno batte i Longobardi e così il territorio, su cui sorge
il Sudtirolo odierno, viene incorporato nella circoscrizione dei Franchi. Carlo
Magno, incoronato dal Papa imperatore del Sacro Romano Impero nell’800 d.C.,
muore nel 814 d.C. mentre i suoi eredi, i Carolingi, si estinguono nel 912 d.C.
PRINCIPATI VESCOVILI DI TRENTO E BRESSANONE E LA CONTEA DEL
TIROLO
Le
valli dell’Inn, dell’Isarco, dell’Adige e i valichi alpini di Resia e del
Brennero (vedi carta geografica panoramica) costituiscono il passaggio più
frequentato dagli imperatori tedeschi per scendere in Italia, nell’intento di
essere consacrati ed incoronati dal Papa a Roma. Spesso i sovrani del Sacro
Romano Impero, nel loro transito, devono far fronte a congiure, rivolte ed
imboscate, provenienti dai duchi bavaresi, sassoni e svevi che ambiscono
all’indipendenza persa sotto Carlo Magno. Insomma, perdere il controllo di
questi siti, che garantiscono la via verso Roma, arreca un grave danno alla
politica imperiale. Per evitare tali inconvenienti, intorno all’anno 1000, una
quantità di vescovi e di abati, ricevono in proprietà, dagli imperatori
germanici, contee e ducati. Infatti, come risulta da un documento del 1190, i
vassalli di questi Principi Vescovi, sono obbligati a scortare il convoglio
degli imperatori con un proprio contingente, lungo tutto il territorio del
Principato, nell’intento di garantirne l’incolumità. Si formano così, il
PRINCIPATO VESCOVILE DI TRENTO e quello di BRESSANONE (VEDI FIG. N°
5). Vengono
impiegati come balivi i membri di alcune casate nobiliari, di cui tre decidono
le sorti della futura CONTEA del TIROLO: i Conti di ANDECHS – MERANIEN, i
Conti di APPIANO e ULTIMO ed i Conti di VENOSTA. Tra le tre casate nascono dei
contrasti che, alla lunga rafforzano sempre più i Conti di Venosta. Essi, nel
1150, ottengono l’avvocazia del Principe Vescovo di Trento e assumono il nome
di CONTI DEL TIROLO, dal nome del loro maniero sopra Merano, Castel Tirolo (vedi
FOTO F).
Nel
1248 dopo l’estinzione del casato degli ANDECHS, il Conte Alberto III di
Tirolo ottiene l’avvocazia anche del Principe Vescovo di Bressanone.
L’AVVOCAZIA
Poiché
l’esercizio personale del potere temporale, riferentesi alle funzioni
giudiziarie e politiche, è inconciliabile con l’ufficio spirituale del
vescovo, costui cede il potere comitale e l’avvocazia che è una sorta di
istituto giuridico specifico volto a PROTEGGERE I BENI ECCLESIASTICI, a potenti
della nobiltà laica.
I
vescovi dunque devono servirsi di un avvocato a ciò preposto. I conti del
Tirolo diventano, di conseguenza, amministratori e protettori delle due contee
vescovili.
Questo
istituto assume anche un significato militare. La chiesa, depositaria di ingenti
patrimoni, ha bisogno di un braccio armato al quale affidare la propria difesa.
L’avvocato, man mano, si prende carica anche di questo compito. Così
Mainardo, come vedremo, riesce, da vassallo, a diventare il vero padrone,
spodestando in pratica i Principi Vescovi di Trento e Bressanone.
IL
SOGNO DI UN PRINCIPE: MAINARDO II E LA NASCITA DEL TIROLO
LA
FIGURA
Il
più potente ed ambiguo rampollo della famiglia dei Conti del Tirolo è senza
dubbio (vedi FIG. N° 6) MAINARDO II.
Nasce
nel 1238 da Adelaide, figlia di Alberto III, e da Mainardo
I di Gorizia e Tirolo (vedi FIG. N°
7). Figura tra le più singolari e
meno conosciute della storia europea, dalla personalità complessa, geniale
precursore, piacevole anfitrione con gli amici più fedeli (vedi FIG. N°
8),
scaltro uomo d’affari, usurpatore privo di scrupoli dedito alla spoliazione
dei suoi avversari, pio e venerato benefattore della Chiesa ma da questa anche
considerato un ladro, viene più volte scomunicato.
In
pochi anni passa dal rango di semplice feudatario a quello di principe del Sacro
Romano Impero, pur avendo contro i due avversari più forti, la Chiesa e una
nobiltà agguerrita, sempre pronta al tradimento.
Egli,
attua un progetto politico spregiudicato, coerente ma anche straordinariamente
moderno e chiaramente concepito che non si affida alla guerra, bensì ad una
sottile strategia diplomatica ed economica. Riesce così a realizzare il suo
sogno di creare uno stato laico e potente
nell’area alpina orientale: la CONTEA del TIROLO.
Essa
viene riconosciuta ufficialmente come stato a sé stante dal re Rodolfo d’ASBURGO
nel 1282.
A quest’opera dedica quasi quarant’anni della propria vita, dal 1258 al 1295. GESCHICK, GEWALT, GELD UND GLÜCK (perizia, violenza, denaro e fortuna) sono considerati gli ingredienti del suo successo. Potere, acquisizione di nuovi possedimenti, denaro, sono per lui i valori prioritari. Furto, violenza, astuzia: questi i mezzi più frequentemente usati. E’ un maestro di ipocrisia, del doppio gioco politico. Gli oppositori sono incarcerati, torturati a morte nelle prigioni, impiccati. Usa, senza scrupoli il monopolio della violenza che l’avvocazia gli ha messo in mano.
Mainardo
II è il primo signore del medioevo a rendersi conto che C’EST L’ARGENT QUI FAIT LA GUERRE, e
quindi a conquistare il potere sui mercati prima che sui campi di battaglia, pur
restando attentissimo allo sviluppo delle tecnologie militari.
Per
realizzare tale ambizione o disegno, il conte sa di dover condurre una battaglia
lunga e serrata, con la forza e con l’astuzia, anzitutto contro i
Principati Vescovili di Trento e Bressanone ancora formalmente investiti in
quell’area, dagli imperatori, del potere temporale e della sovranità politica
sull’intero territorio regionale in forza delle lontane donazioni.
E poi contro la piccola nobiltà terriera,
che è cresciuta all’ombra dei principati e che dovrà essere sfrondata di
buona parte dei privilegi e dei possessi acquisiti. Ma la chiesa del III secolo,
imbaldanzita oltre misura dalla dottrina teocratica, è ben decisa a difendere i
suoi ingenti possedimenti anche a prezzo di aspre lotte e a discapito della sua
missione evangelica; nel 1027 i Vescovi di Trento e Bressanone ottengono
dall’imperatore Corrado II il dominio secolare sui loro terreni. Sono, da un
lato, i rappresentanti del Papa, sul piano spirituale e religioso, dall’altro
feudatari dell’Imperatore.
Dunque,
solo un sovrano o un principe determinato ed impavido avrebbe potuto procedere
alla secolarizzazione forzosa dei principati
ecclesiastici, sfidando gli inevitabili anatemi
papali.
A
causa di un contrasto dei conti del Tirolo e dei conti di Gorizia con
l’arcivescovo di Salisburgo, finito con una sconfitta dei primi, in gioventù
Mainardo II e suo fratello Alberto di Gorizia trascorrono lunghi anni come
ostaggi del Principe Vescovo, a garanzia del pagamento di una enorme somma di
denaro, pattuita nella pace di LIESERHOFEN nel 1252. Solo alla fine del 1258
Mainardo II ottiene la libertà in circostanze mai completamente chiarite e si
pone subito al timone dei domini paterni.
Sette
lunghi anni di prigionia nell’esilio salisburghese, incidono in modo decisivo
sul carattere e sulle idee del conte, influenzandone le scelte. Essi determinano
il disincanto, il realismo e l’algido cinismo dei suoi rapporti con i potenti
della chiesa, del cui agire conosce, di prima mano, le prosaiche e molto terrene
ragioni.
La
prima mossa della partita Mainardo II la effettua nel 1259 quando sposa
Elisabetta Wittelsbach di Baviera, vedova di Corrado IV, entrando così a far
parte della famiglia imperiale degli svevi (HOHENSTAUFEN). Ma l’obiettivo
prioritario del Conte è rendere sempre più
ricca la Contea del Tirolo: riesce anche in
questo, come vedremo nei capitoli successivi, rendendo sicure e praticabili le
strade, organizzando un perfetto sistema doganale lungo le frontiere, dando vita
ad una innovativa struttura amministrativa e spoliando dei loro possedimenti i
vescovi e i nobili.
Mainardo
II, avvalendosi dell’uso spregiudicato del potere connesso all’avvocazia,
riesce lentamente ad unificare le precedenti contee e giurisdizioni appartenenti
ai principi vescovi di Trento e Bressanone, in un’unica vasta entità politica
territoriale, all’estremità della quale stanno Ala e Kufstein (vedi FIG. N°
9).
Ai
vescovi di Bressanone il conte sottrae Rodengo la chiusa di Rio Pusteria, Gudon,
il Wipptal, Trostburg con la relativa giurisdizione, Castelrotto, Aichah,
Petersburg, Valles, Selva Gardena, Chiusa e Brunico. Ai vescovi di Trento toglie
Appiano, Mayenberg, Bolzano, Renon, San Genesio, Villandro, Caldaro, Termeno,
Egna, Salorno e Königsberg. Nel territorio corrispondente all’attuale
Trentino, si impadronisce di numerosi domini a Pergine, Andalo, Spor, Flavon,
Mezzocorona, Molveno, in Val di Cembra, in Val di Sole. Delle numerose contee in
cui era diviso il territorio, si finì per non parlarne più. Ad esse si
sostituisce un nuovo dominio denominato, a partire dal 1271, “COMITATUS
ET DOMINIUM TYROLIS”, ovvero CONTEA DEL
TIROLO.
Le
sue capacità imprenditoriali e finanziarie gli consentono di accumulare in
breve termine, una ingente ricchezza e con essa un enorme potere. Le entrate
sono dovute alle proprietà terriere in continuo aumento, alle gabelle, alle
imposte e al diritto di zecca. Già nel 1259 Mainardo II comincia a batter
moneta; l’infeudamento con diritto di zecca è stato concesso dal vescovo di
Trento con il permesso imperiale all’istituzione ufficiale della zecca di
Merano (vedi FIG. N° 10) viene dato da Rodolfo I nel 1274. I cosiddetti
“AQUILINI” mostrano sul verso l’immagine dell’aquila imperiale sveva.
Questi denari argentei godono presto di grande popolarità in tutta l’Italia
Settentrionale. Dal 1274 in poi gli Aquilini vengono sostituiti dal
“TIROLINO” portante l’emblema dell’aquila tirolese da un lato, e due
croci incrociate sul retro, da cui il termine tedesco ETSCHKREUZER.
Mainardo
II contende per tutta la vita, territori, castelli e potere ai vescovi e alla
nobiltà feudale tanto da ricevere la prima scomunica papale nel 1267,
solennemente rinnovata nel 1269, perché “aveva strappato le vesti del corpo
della Chiesa di Trento”.
Nel
1281, papa Martino IV, nuovamente lo scomunica, essendo da questi ritenuto un
persecutore della Chiesa. Il terzo anatema gli giunge da papa Nicolo IV in
quanto Mainardo II si era rifiutato di restituire tutte le temporalità
sottratte al vescovo di Trento. Ma, alla morte del papa, grazie ad abili
manovre, Mainardo II fa volgere la situazione nuovamente a proprio favore.
Riesce ad ingannare l’inesperto papa Celestino V, affermando di aver occupato
alcuni fortilizi solo per motivi di sicurezza e nell’interesse della chiesa di
Trento e di averne amministrate le temporalità in qualità di “advocatus et
defensor”, durante la sede vacante.
Il
papa assolve il conte dalle scomuniche. Nel 1295, con una solenne messinscena,
nel Duomo di Trento avviene la formale assoluzione dello stesso dalle
scomuniche. Ancora nello stesso
anno il nuovo papa Bonifacio VIII, dichiara nulla quella decisione e rinnova la
scomunica del nobile Mainardo II, ladro dei beni ecclesiastici di Trento.
La
morte coglie Mainardo II nel 1295.
Dopo
la scomparsa dell’ultimo discendente maschio della dinastia dei conti del
Tirolo, Mainardo III, prende il potere la nipote del conte Mainardo II,
Margarethe Maultasch. Nel 1363, con l’approvazione di tutte le classi sociali,
essa cede il Tirolo al Duca d’Austria Rodolfo IV della stirpe degli Asburgo,
per evitare eventuali dissensi dopo la sua morte sul possesso del Tirolo. Merano
ne diviene il capoluogo sino al 1420 quando il duca Federico IV la sostituisce
con Innsbruck. Inizia così per il Tirolo una nuova era storica, quella
dell’appartenenza per quasi 600 anni all’Austria, caratterizzata tuttavia da
uno spirito e costante amore per l’indipendenza.
Nelle
figure n° 11-12-13-14 possiamo apprezzare la storia illustrata di Mainardo II
con i relativi commenti.
LE
FONTI DI RICCHEZZA DI MAINARDO II
Mainardo
II può contare su cospicue entrate (vedi TAB.
A1).
Analizzando le singole voci si
nota come quella derivante dall’amministrazione delle sue PROPRIETA’
FONDIARIE
(le terre
coltivate nella contea), pur risultando percentualmente la più alta,
rappresenta solo circa 1/3 delle entrate globali. Dunque, la parte più viva
delle sue entrate effettive, aveva un’origine
extra agraria.
Deriva cioè da attività che, oggi, definiamo “terziarie”. Tra di esse ve ne
sono alcune che MAINARDO II ha introdotto ex novo e che nulla
hanno a che vedere con le tradizionali fonti di ricchezza tipiche del
FEUDALESIMO classico.
Il segreto della sua ricchezza ed il successo della sua politica dipendono dalla
FINANZA
e nel riconoscimento
della potenzialità della MONETA, del CREDITO e dell’ INTERESSE SUL CREDITO.
Visto, in quest’ottica, il conte del Tirolo, più che guerriero, può essere
considerato un geniale finanziere. Il commercio europeo fa scorrere, in una
terra di transito per antonomasia, come quella alpina, un fiume d’oro. Egli
comprende i vantaggi derivanti dal saper creare a questo afflusso di ricchezza le
migliori condizioni possibili relative alla sicurezza delle strade, alla
credibilità della moneta tirolese, denominata “MERANER KREUZER, o
ADLERGROSCHEN, o “TIRALINO” o “CARANTANO” (vedi FIG. N°
15), e la bassa
incidenza del carico daziario sulle merci in transito. Si lascia guidare in
questo, dal proprio fiuto e dai consigli di competenti banchieri fiorentini,
appositamente ingaggiati.
L’ATTIVITA’ FINANZIARIA, LA ZECCA, LE BANCHE
Mainardo II intuisce appieno le possibilità di ricchezza che
gli si offrono dal fatto di esser l’unico a fornire al commercio, ai transiti e alle
attività economiche che si
svolgono
nelle sue terre, i servizi legati all’esercizio della ZECCA. Essa viene istituita a Merano, a poca
distanza dall’avito castel Tirolo. Il privilegio di “batter moneta” gli
viene riconosciuto, nel 1273, da Rodolfo D’Asburgo, suo protettore. In breve
tempo, nel Tirolo, il MERANER
KREUZER, finisce per dominare incontrastato. Esso gode per la sua stabilità ed affidabilità, di un notevole
favore
presso i mercanti italiani e germanici.
Gli
introiti relativi alla zecca si riferiscono alla differenza tra il valore
nominale ed il valore del metallo impiegato nel conio, cui si aggiungono gli
utili che derivano dal ritiro e dal cambio della moneta stabile. In strettissimo
rapporto con la zecca Meranese lavorano i CASANI
(banchieri
di cambio), imprenditori borghesi fiorentini, chiamati da MAINARDO II al proprio
servizio. Essi hanno il compito di cambiare le monete di provenienza esterna e
di acquistare l’argento per il rifornimento della zecca (ogni moneta contiene
1,63 grammi d’argento fino ed ha un valore di conio particolarmente alto).
Inoltre possiedono il monopolio del credito ipotecario.
Un ulteriore fonte di guadagni è rappresentata dal commercio
dell’ ORO. Egli fa incetta del prezioso metallo in Germania e lo rivende in
Italia, speculando sulla differenza di valore sulle due piazze.
L’ESTENSIONE
DEL PATRIMONIO FONDIARIO DI MAINARDO II
LE SVAIGHE
Alcuni contadini, asserviti ai Conti del Tirolo, dissodano a
partire dal XII secolo, territori boscosi disabitati e incolti, in altura, dai 1200 ai 1700 metri
S.L.M. Nascono così le SVAIGHE,
gli odierni masi, cioè insediamenti
agricoli montani di tipo sparso
dediti
all’allevamento del bestiame e alla produzione di formaggio, burro, strutto,
carne e lana. Ciò serve a Mainardo II e al suo casato per acquisire un grande
patrimonio fondiario
e quindi rendere
sempre più ricca la Contea.
Le svaighe sono dunque delle unità produttive:
▪
dedite
all’allevamento di bestiame bovino ed alla produzione casearia per il mercato;
▪
costituite
sempre sotto forma di maso;
▪
condotte
da un nucleo familiare composto di 5 – 9 membri;
▪
situate
su di una fascia di territorio alpino tedescofono posto tra le altitudini di
1200 e 1600/1700;
▪
sorte,
in questi territori, su iniziativa e sotto l’organizzazione della feudalità,
soprattutto laica, di cultura agraria bavarese, tramite l’assegnazione ad una
famiglia di contadini, spesso da poco affrancati, di un terreno boscoso o
produttivo da dissodare;
▪
dotate
dal signore di sei capi di bestiame (detti “die Eisenkühe”, “le vacche di
ferro”), attrezzature, suppellettili e sementi per consentire l’inizio del
lavoro;
▪
concesse
(in Tirolo) generalmente mediante il contratto di “Erbleihe”, ovvero di un
canone di locazione immutabile ereditariamente;
▪
soggette
al censo tipico e caratteristico delle svaighe di cultura agraria bavarese, e
solo per esse, di 300 caciotte l’anno, corrispondenti a circa 150 – 180 kg
attuali;
▪
che
videro la loro massima diffusione nel XIV secolo
▪
e
che a partire dalla seconda metà del XIV secolo iniziarono un rapido declino
economico in seguito alla mutata congiuntura economica ed alle diverse
condizioni di smercio di prodotti caseari sul mercato.
Le signorie, sotto la cui organizzazione viene compiuta
l’opera di dissodamento, si rendono ben presto conto che la fondazione di una
SVAIGA è un proficuo investimento in quanto aumenta il valore di un terreno
precedentemente incolto e lo trasforma in un possibile oggetto di scambio,
mettendo in circolazione denaro e ricchezza. Il canone che il contadino deve
corrispondere al Signore viene pagato sotto forma di una caciotta di formaggio,
del peso di circa 500 grammi al giorno; questa viene poi proficuamente immessa
sul mercato. I nobili del Tirolo pongono probabilmente
in questo periodo le basi materiali delle loro ambizioni di potere. Non a
caso, fin da principio, sono tra le casate alle quali appartiene il maggior
numero di svaighe.
LE SALINE
Ritornando
all’epoca di Mainardo II, tra le fonti di ricchezza più importanti della
contea, più che le miniere bisogna annoverare le saline
di Hall, nei pressi di Innsbruck. Il sale nel
Medioevo era fondamentale per la conservazione della carne. Mainardo fece
migliorare l’impianto, chiamando personale specializzato.
L’acqua veniva portata a valle tramite una complessa rete di
canalizzazione. Essendo come un’azienda di proprietà privata, i suoi proventi
affluivano direttamente nelle casse del principe.
ACQUISTO DELLE PROPRIETA’
NEMICHE
Il suo sforzo economico è anche rivolto all’acquisto volontario
o forzato, delle
proprietà dei casati nemici. L’obbiettivo politico rimane quello di
indebolire la nobiltà locale, togliendole le basi materiali della loro
opulenza.
Decine di stirpi subiscono, in questo modo beffardo, la
dissoluzione del proprio patrimonio e, con essa, l’oblio. In 40 anni, il
patrimonio finanziario dei Tirolo viene pressoché raddoppiato.
LE
STRADE ED I VALICHI NELLA CONTEA DEL TIROLO
Le
attività commerciali e gli scambi internazionali producono ricchezza, ma
richiedono innanzitutto strade, per quanto possibile, non dissestate e sicure e
valichi alpini agevoli; ed è appunto ciò che Mainardo, con particolare
attenzione considera fin dagli inizi della sua grande avventura. Come si evince,
osservando la carta panoramica ZP, i passi alpini che possono facilitare i
traffici sono tre. A Nord –
ovest, verso la Svizzera, c’è quello di RESIA a 1504 metri di quota. Da qui,
in età romana, passava la Via Claudia Augusta, arteria di vitale importanza per
le comunicazioni con le province imperiali del centro e del nord Europa.
Transitavano anche orde di barbari, tanto che il valico è stato chiamato JANUA
BARBARORUM, ovvero porta dei barbari. Poi è
stata la volta dei mercanti e dei pellegrini. Con Mainardo II la vecchia strada
consolare è allargata e riassestata, mentre si fa regolare e severissimo il
servizio armato di sorveglianza. Volgendosi a nord – est, un altro passo è
quello del GIOVO.
Il valico si apre, a 2099 metri di quota, tra i monti Sarentini e le Alpi
Passirie, e risale anch’esso all’età romana. Da questo passo si può
scendere sull’altra valle dell’Isarco, e raggiungere così il terzo e più
importante dei valichi tirolesi, quello del BRENNERO.
Mainardo II dunque ha attente cure anche per questa strada, soprattutto da
quando comincia lo sfruttamento delle non lontane miniere di Monteneve e di
Fleres, nei dintorni di Vipiteno. Da esse si estrae l’argento che il conte
utilizza massicciamente per fabbricare monete. Infine, il passo del BRENNERO.
Numerosi reperti archeologici hanno dimostrato che il valico era attivo già
nella preistoria. E’ con la conquista romana, tuttavia, che questa
importantissima via di comunicazione consente un transito sicuro e neppure
troppo elevato, 1374 metri S.L.M., dalla valle dell’Isarco e quella dell’Inn.
E’ su questi tre percorsi principali che passano le
ricchezze del Tirolo, per essere accortamente amministrate e moltiplicate da
Mainardo II che, proprio su queste fortune, realizza il suo “sogno”.
VIAGGI E SPOSTAMENTI NEL XIII SECOLO
Contrariamente a quanto si può immaginare, nel medioevo i viaggi e
gli spostamenti sono frequenti. Si muovono i conti, i messaggeri, gli eserciti,
i mercanti, gli artigiani, i monaci, i mendicanti, i lebbrosi e naturalmente i
briganti. Nel 1200 in Tirolo ci si muove quasi sempre a piedi su
strade e sentieri di pessima qualità;
soltanto i capi militari, i nobili, i funzionari e i vescovi si spostano a
cavallo, di solito con un seguito di soldati. Oltre al cattivo stato delle strade, bisogna fare i conti con l’insicurezza del viaggio (i malviventi sono sempre in agguato) e con l’eccessiva
quantità ed onerosità dei pedaggi che
vengono richiesti ogniqualvolta ci si reca da un paese all’altro, per
attraversare una valle, una città o un ponte o per trasportare delle merci. Per
sicurezza si viaggia solo di giorno, cambiando spesso strada. Mainardo II, con
alcuni provvedimenti mirati, ovvia a questi tre inconvenienti e diviene così
l’unico gestore di tutti i traffici commerciali tra la Germania meridionale e
la contea del Tirolo, accumulando in pochi anni una cospicua ricchezza.
IL SISTEMA DAZIARIO, IL COMMERCIO ED I TRAFFICI
Nel 1273, con l’elezione di Rodolfo d’Asburgo a re di Germania
e a imperatore, riprendono massicciamente i traffici commerciali tra la Germania
meridionale e l’Italia settentrionale. Fiutando l’affare, Mainardo II sente
l’esigenza di impadronirsi dell’intero sistema daziario, che all’inizio
del dominio era ancora soggetto agli anacronismi del sistema feudale. Alcuni
nobili possiedono infatti diritti di esazione sulle merci in transito sulle
strade che passano per i territori da loro controllati. Mainardo II elimina questi dazi privati e dà
il via ad un riordino di tutto il sistema, suscitando unanimi consensi tra i
mercanti legati ai transiti commerciali. Tale riassetto, introdotto sull’esempio delle signorie
dell’Italia settentrionale, prevede un sistema
di riscossione unitario presso stazioni fisse, secondo un tariffario definito
per merci e per distanze.
Se in precedenza l’ufficio della riscossione dei dazi era di
regola concesso
in feudo
ereditario
, con
Mainardo II esso prende la forma dell’appalto.
Tra gli appaltatori doganali si annoverano molte persone di origine servile
perché danno maggiori garanzie di fedeltà nell’esercizio di una funzione che
comporta il maneggio di enormi somme di denaro.
L’assegnazione in appalto è la forma di gestione preferita
dal conte perché rappresenta
la migliore sintesi possibile tra la necessità di contenere le dimensioni
dell’apparato amministrativo e la massimizzazione degli utili.
I dazieri imprenditori consegnano al loro Signore un importo annuale
corrispondente al reddito globale dei dazi da loro riscossi e si ripagano con
gli utili tratti dalla loro attività creditizia che accompagna il loro ufficio
e che esercitano in regime di monopolio; sono obbligati tra l’altro a tenere
regolari libri contabili. Il valico del Brennero finisce per diventare quello di
gran lunga preferito dai mercanti italiani e germanici per i vantaggi che
garantisce sia riguardo alla sicurezza
delle strade
sia in
merito alla
bassa incidenza
delle
tariffe daziarie sulle merci in transito.
Rispetto ai dazi che vengono prelevati sulla strada Koblenz -Bingen -Ehrenfels,
nel Medio Reno (90 km), quelli riscossi sul tratto Bolzano- Innsbruck (130 km),
sono inferiori di un sesto!! Così facendo, Mainardo II tiene
saldamente in mano le chiavi del Brennero, assumendo il completo controllo sulle
attività commerciali della Contea e sui transiti che passano per le sue terre.
Introduce
l’obbligo di percorrere determinate strade. Solo su di esse garantisce ai
mercanti quelle facilitazioni fiscali, quei salvacondotti e quella difesa dagli
abusi della feudalità che fanno dell’asse del Brennero una via di transito
sicura, perciò frequentata. La manutenzione delle stesse, ed in particolare dei
ponti è effettuata sempre con l’efficace metodo dell’appalto. In cambio del
servizio, gli appaltatori riscuotono dei modesti pedaggi interni, che i mercanti
non pagano malvolentieri.
TASSE E
TRIBUTI
Le riforme introdotte in questo campo da MAINARDO II
(sull’esempio delle Signorie dell’Italia settentrionale) ispirano, molto più
tardi quelle attuate nel mondo germanico. Trasformano gli abitanti della Contea
in cittadini, sudditi di un unico, riconosciuto e legittimo POTERE CENTRALE, capace di imporre
un sistema di tassazione unico e generalizzato.
Unifica e riordina il variegato e macchinoso sistema ereditato dal mondo
feudale, riconducendo tutti i prelievi a sole due tassazione, una valida per le
campagne, l’altra da applicare nelle città. Si produce, ben presto, per
merito di una più efficiente politica fiscale, un’oggettiva alleanza tra i
cittadini e il Principe volta
a contrastare il ritorno del vecchio sistema feudale che è ancora presente
nelle strutture amministrative dei Principati Vescovili e nella posizione
parassitaria della nobiltà.
Il carico fiscale complessivo dei cittadini Svevi ammonta al 3% del loro
patrimonio, mentre per quelli Tirolesi corrisponde all’1%. Un’altra, non
trascurabile fonte di utili per le casse di Mainardo II è rappresentata da un
lato, dalle PENE PECUNIARIE (usate dal Conte come strumento di lotta politica,
per demolire legalmente il patrimonio e con esso il potere della nobiltà
parassita) e, dall’altro, dai tributi per le prestazioni d’ufficio, relative
cioè all’amministrazione della giustizia, ai servizi di cancelleria, alle
prestazioni notarili, ecc.).
LA STRUTTURA AMMINISTRATIVA
La struttura amministrativa della nuova Contea ed i
settori in cui essa è suddivisa, vengono messi in evidenza dal seguente
prospetto (vedi FIG. N° 16).
CANCELLERIA – CAMERA – NOTARIATO
Sotto la pressione della crescente esigenza di certezza giuridica
vengono introdotte nella Contea profonde innovazioni nel
modo di amministrare e governare.
Per quanto concerne la CANCELLERIA cuore del governo mainardiano,
ovvero la struttura nella quale confluiscono tutti i fili del governo della
Contea, della quale fanno parte notai e scrivani, MAINARDO II inizia a servirsi
sistematicamente della
registrazione scritta, sia nella contabilità che nella documentazione. La cancelleria
lavora in stretto contatto con la CAMERA PRINCIPESCA, sia nella cura del tesoro,
sia nell’amministrazione delle proprietà personali del Conte. La camera
rappresenta il centro finanziario e contabile principale della Contea. Al 1274
risale la prima testimonianza di un regolare REGISTRO DELLE TASSE, mentre nel 1282 viene introdotto un REGISTRO
FONDIARIO GENERALE
che serve
per l’amministrazione e la riscossione dei canoni delle vaste e sparse
proprietà personali di MAINARDO II e i LIBRI
CONTABILI GENERALI.
Verso la fine degli anni 80, inizia la diffusione della più
economica e maneggevole CARTA,
l’uso della quale riguarda la registrazione ed il disbrigo di tutta la
corrispondenza relativa all’amministrazione della corte e all’attività del
governo centrale. Inoltre si affrontano e si registrano documenti
(compravendite, appalti, cambi di proprietà, testamenti, sentenze di giudizio)
per i quali la cancelleria, accanto ai già citati fiorentini, lavorano alcuni
tra i più validi ingegni dell’epoca, originari della Carinzia, dal Friuli,
dalla Carniola, dalla Baviera, dalla Svevia, dal Veronese. Molti dei
responsabili della cancelleria, come il Protonotario Rodolfo di Maissen, avevano
studiato nelle migliori università ed erano al servizio del Principe,
lautamente retribuiti, non solo come cancellieri ma anche come consiglieri e
ministri nei vari settori dell’amministrazione.
La camera di CASTEL TIROLO non è l’unica “cassa” della
Contea; vi sono quella di Bolzano/Gries e quella di Stams. Assieme, esse formano
il tesoro complessivo di Mainardo II. Con l’intensificarsi della circolazione
monetaria, alle casse locali vengono attribuite le funzioni di filiali bancarie
decentrate. Debitori e creditori si servono di queste sedi decentrate per
versare o ricever somme di denaro, risparmiandosi il viaggio fino alla sede
centrale. A partire dagli anni ’90, il sistema si rivela tanto vantaggioso che
MAINARDO II decide di introdurre anche qui il sistema d’appalto, affidato a impresari “borghesi” che
vengono scelti tra persone di condizione servile. A Castel Tirolo (vedi FOTO
G)
viene tenuta la contabilità complessiva assieme ai libri contabili e ai
registri fondiari generali.
Il vecchio sistema, che contava tutta una gerarchia di incarichi
ereditari, detenuti in feudo dai rappresentanti delle varie famiglie nobiliari
subisce così una trasformazione radicale.
IL CONSIGLIO DI CORTE
Mentre nel Consiglio di Corte dei grandi principati
germanici facevano parte di diritto la feudalità laica e religiosa, con
Mainardo II la nobiltà viene rigorosamente esclusa. Le persone dei cui consigli
si avvale, non esercitano, in questa loro funzione, alcun diritto.
Semplicemente, essi godono della fiducia del conte, basata sulla loro
competenza. Egli, autocraticamente, mantiene sempre la più ampia liberta di
azione e di decisione.
IL MAESTRO DI CORTE
La persona che esercita la funzione di maestro di corte può essere paragonato ad un capo di stato. Esso regola l’andamento dei servizi della corte e il corso delle attività di governo. Riceve gli ospiti e gli ambasciatori, decide sull’ammissione o meno alle udienze con il signore ed è a capo del protocollo cerimoniale.
Regista dell’intera attività della corte si serve di propri
scrivani ed aiutanti. Rappresenta il Signore anche verso l’esterno e ne fa le
veci in sua assenza. Presiede il TRIBUNALE DI CORTE, preposto a risolvere le
controversie tra nobili ed amministra la giustizia.
LE INNOVAZIONI DEL SISTEMA DIFENSIVO – MILITARE
Il sistema difensivo e militare feudale poggiava sulla cavalleria.
Il castello,
in quanto residenza del cavaliere, oltre
ad essere il punto di riferimento territoriale del sistema militare,
è chiamato a svolgere anche la funzione di centro
di controllo sui territori e sulle vie di comunicazione circostanti.
E del tutto ovvio che i nobili dotati di un certo potere (leggi ricchezza)
tendono a dotarsi di un proprio maniero che rappresenta, nel contempo, il
simbolo del prestigio raggiunto ed il luogo dove, il potere, viene esercitato.
Accanto a fortilizi con funzioni prettamente militari,
sorgono dei castelli adibiti a residenza delle varie casate nobili. Le relative funzioni organizzative
all’interno sono domandate a persone di origine nobile, in eredità.
L’edificazione di nuovi castelli è soggetta al consenso del potere centrale.
Così, nei territori alpini, tale privilegio (JUS EDIFICANDI) era appartenuto ai
Principi Vescovi di Trento e Bressanone. Già il conte Alberto di Tirolo e
Mainardo I lo avevano usurpato ai Vescovi. A maggior ragione Mainardo II
esercita questa facoltà in maniera esclusiva.
Il controllo su tutto il sistema difensivo e militare,
imperniato sui castelli è una delle condizioni decisive per il successo
della sua politica di SPOLIAZIONE del potere temporale della Chiesa e per la
riuscita della sua spietata lotta contro i suoi antagonisti feudali. Mainardo II dunque, inizia la sistematica demolizione di ogni
potere militare autonomo ed esterno al suo controllo, sottraendo nel contempo
gli uffici, le esenzioni e i privilegi detenuti a qualsiasi titolo dalle varie
casate in relazione al possesso di qualche castello. Inizia poi a riorganizzare
il sistema difensivo e militare,
insediando capitani e truppe mercenarie a presidio dei vari castelli di cui andava via via assumendo il
controllo.
Il nuovo sistema, basato sull’assegnazione delle funzioni
militari difensive a mercenari
è
compatibile con i progressi dell’arte della guerra che esigono una
specializzazione ed una perizia tecnica garantite solo da soldati
professionisti. La spietata lotta alla nobiltà e l’insediamento di guerrieri
prezzolati, rigidamente sottomessi al potere centrale sono volti all’eliminazione di ogni forma di disturbo rappresentata dagli
anacronismi del particolarismo feudale, nella fattispecie dei mercanti che
percorrevano le strade poste ai piedi dei loro manieri.
Anche le città sono integrate da Mainardo II nel sistema difensivo. Il regime
cui esse erano state soggette in precedenza era analogo a quello che vigeva nei
castelli basato sulla attribuzione in feudo ereditario delle varie funzioni in
cui era articolata la difesa. Come per i castelli, il conte si sbarazza delle
feudalità parassita e sottomette le città agli ordini di un capitano
mercenario.
D)
EVO MODERNO
PREMESSA
Il
Sudtirolo, come abbiamo visto, è una terra di confine, ma tuttavia ancorata all’area
culturale germanica. Nel 1363, la Contea del
Tirolo, prima indipendente, passa sotto la più grande dinastia
europea, quella degli Asburgo (NB: il nome corretto di questa stirpe è
Absburgo, derivando dall’appellativo del castello di Habichtsburg, sito
nell’Argovia, nell’odierna Svizzera) e da allora in poi viene a far parte
dell’Austria.
Solo
nel 1806, quando Napoleone diviene il dominatore d’Europa, il paese è
assegnato alla Baviera, alleata dei Francesi. Ma nel 1814 il Tirolo si riunisce
nuovamente all’Austria, rimanendone incorporata sino al termine del primo
conflitto mondiale, nel 1919.
GLI EVENTI CRUCIALI DEL XX SECOLO
A) 1914 – scoppia la I guerra
mondiale
B) 26 aprile 1915
il voltafaccia dell’Italia
Le
premesse decisive per lo smembramento del Tirolo dell’Austria e la sua
annessione all’Italia vengono poste nel 1915. Il 26 APRILE di quell’anno
l’Italia firma un patto segreto col quale si impegna a ritrattare la TRIPLICE
ALLEANZA con l’Austria - l’Ungheria
e la Germania e ad entrare in guerra, entro un
mese, al fianco della TRIPLICE INTESA,
costituita da Francia, Inghilterra e Stati Uniti; i nuovi alleati promettono
all’Italia, in cambio di quel voltafaccia ed in caso di vittoria nel
conflitto, l’acquisizione di Trieste, il Friuli Orientale, l’Istria, la
Dalmazia, il Trentino ed il Sudtirolo fino al Brennero.
Il
passaggio definitivo della regione alpina all’Italia viene sanzionato del TRATTATO
DI SAINT GERMAIN,
il 10 settembre 1919. Ma col sudtirolo l’Italia si annette un territorio
abitato in gran maggioranza da una popolazione di lingua tedesca. Le potenze
vincitrici agiscono in aperto contrasto con i “QUATTORDICI
PUNTI” del Presidente americano WOODROW
WILSON; egli dichiara che il fondamento di una
pace duratura è l’autodecisione dei popoli,
ma ai sudtirolesi questa viene platealmente negata. Inoltre, al punto 9, si
stabilisce espressamente che i nuovi confini dell’Italia devono essere
tracciati sulla linea di demarcazione chiaramente
riconoscibile fra le nazionalità;
tale linea non può essere che il confine linguistico alla Chiusa di Salorno –
Salurn. Incorporandosi il Sudtirolo l’Italia rinnega anche i principi delle
sue guerre d’indipendenza; le sacre leggi del Risorgimento esigono che i
confini statali coincidono con i confini linguistici e
che nessuna etnia deve far parte di uno Stato
straniero contro la sua volontà.
C) 3 novembre 1918
Nella
VILLA GIUSTI (vedi FOTO H) di Abano, presso Padova, l’Italia e l’Austria –
Ungheria firmano l’armistizio.
Quattordici
firme (vedi FOTO I) tra cui quelle del Presidente della commissione italiana, il
tenente Generale Pietro Badoglio e del capo della commissione austriaca,
generale Weber von Webenau sanciscono la fine della
I
guerra mondiale.
Subito
dopo inizia, pacificamente, l’occupazione del Trentino e del Sudtirolo da
parte del Regio Esercito Italiano.
D) 10 ottobre 1920
L’Italia,
con un’apposita legge, incorpora il Sudtirolo.
E) 24 aprile 1921
La domenica di sangue, a Bolzano
La
mattina del 24 aprile giungono in treno a Bolzano 280 fascisti delle vecchie
province, ai quali se ne uniscono 120 del fascio locale. Aggrediscono e
picchiano con i manganelli, a caso, i partecipanti ad un corteo folcloristico
per l’inaugurazione della fiera Campionaria di Bolzano. L’evento assume un
significato particolare, perché, nello stesso giorno si tiene, nel Nordtirolo,
un referendum per l’eventuale sua annessione alla Germania. I fascisti
subodorano una connessione del corteo col referendum e considerano la sfilata
nei costumi tradizionali una provocazione, perciò decidono di disperdere la
manifestazione, non prima di aver ucciso FRANZ INNERHOFER, maestro di Marlengo
(Merano) (vedi FOTO L).
F) 1 ottobre 1922
La
marcia su Bolzano
Alcune
squadre fasciste sfilano a Bolzano e Trento guidate da esponenti di punta del
movimento, fra i quali Giunta e Storace.
Poche
settimane dopo il 28 ottobre 1922 i fascisti marciano su Roma e BENITO
MUSSOLINI (vedi FOTO M ) si impadronisce del
potere.
G) 15 luglio 1923
ETTORE
TOLOMEI tiene
un discorso a Bolzano proclamando i suoi famigerati “PROVVEDIMENTI PER
L’ALTO ADIGE”. In 32 punti (vedi TABELLA
A2) viene esposto il progetto di
snazionalizzazione della minoranza sudtirolese mediante un processo di
assimilazione. E’ il primo tentativo del regime fascista per
cancellare il carattere etnico delle popolazioni e del territorio.
ETTORE
TOLOMEI: CHI E’ COSTUI?
Ettore
Tolomei (vedi FOTO N) nasce a Rovereto, in provincia di Trento nel 1865, da
genitori italiani. Il suo nome percorre come un ossesso, la storia del Sudtirolo
negli anni venti e trenta. “Voglio rendere italiana questa terra, costi quel
che costi”. Il programma politico di Tolomei, ha questo unico obiettivo. Dopo
aver frequentato il ginnasio liceo a Rovereto, inizia, nel 1890, la sua campagna
per l’incorporamento del Sudtirolo con l’uscita del primo numero del
settimanale “La nazione italiana”, di cui è iniziatore e coeditore. Lo
scopo principale del periodico è la divulgazione delle idee culturali,
irredentistiche e nazionalistiche della Società Dante Alighieri.
Nel
dicembre 1890 “La nazione italiana” cessa la pubblicazione a causa di un
dissesto finanziario.
Nel
1906 Tolomei fonda a Trento “L’Archivio per l’Alto Adige”, un nuovo
periodico dove pubblica articoli con i quali tenta di accreditare la pretesa
italiana sul Sudtirolo. E’ proprio nell’Archivio che Tolomei inventa la
cosiddetta TEORIA DELLO
SPARTIACQUE,
secondo la quale il confine tra l’Italia e l’Austria deve essere fissato al
Brennero, perché lì si trova lo spartiacque tra il Mediterraneo ed il Mar
Nero.
Ma
il grande momento di Tolomei non è ancora arrivato.
Giunge
quando Mussolini, salito al potere nell’ottobre del 1922, lo nomina senatore a
vita.
L’attuazione
del programma, nel tempo, viene realizzata in due fasi: la prima dal 1923 al
1926 e la seconda dal 1927 in poi.
H) 1922 – 1938.
La politica fascista nel sudtirolo
LA TRADUZIONE DEI TOPONIMI TEDESCHI
Già
nell’Aprile del 1923, Tolomei comincia ad italianizzare ben 17000 toponimi
tedeschi, alcuni dei quali facendoli derivare dall’antico nome latino (ad es.
Bolzano da Bauzanum), altri traducendoli per assonanza (ad es. Montagna per
Montan) o inventandoli (ad es. la Villa per Stern). In alcuni casi il traduttore
se la cava con il nome della parrocchia, come San Candido per Innichen. Tutto ciò
viene imposto dal regime fascista, a dispetto della lingua e della storia.
PROIBIZIONE DEL NOME TIROL
Nell’agosto
del 1923, il Prefetto di Bolzano Guadagnini, proibisce l’uso del nome TIROL e
di tutte le denominazioni derivate, quali TIROLER, SÜDTIROLER etc.
ITALIANIZZAZIONE DELLA SCUOLA
Ma,
se si vuole snazionalizzare una minoranza la prima cosa da fare è togliergli la
lingua. A tal proposito i fascisti procedono con misure strategiche ben
finalizzate. Particolare attenzione viene dedicata da Tolomei
all’italianizzazione della scuola tedesca; tramite le leggi Corbino (1921) (vedi FOTO
O) e Gentile (1923) (vedi FOTO P), l’italiano diventa l’unica
lingua d’insegnamento nella scuola. Ma i sudtirolesi, temendo di perdere una
parte importante della loro identità etnica, fanno resistenza e danno vita, con
il sostegno economico di Austria e Germania, alle SCUOLE
DELLE CATACOMBE, così chiamate perché site
nelle case, nei fienili, nelle soffitte e nelle cantine. Il canonico MICHAEL
GAMPER (vedi FOTO Q) diviene l’organizzatore e l’anima spirituale di queste
scuole clandestine dove vengono insegnati il tedesco e le tradizioni locali. I
maestri sono sempre esposti al pericolo di essere scoperti ed arrestati.
Grazie
al coraggio e alla solidarietà di molti, le autorità fasciste non riescono ad
eliminare la scuola tedesca segreta che cessa nel 1940, quando l’uso della
lingua tedesca viene nuovamente ammessa ufficialmente.
ITALIANIZZAZIONE DEI COGNOMI TEDESCHI
Il
10 gennaio 1926 un decreto impone l’italianizzazione di cognomi tedeschi.
Tolomei
è dell’avviso che l’Italia fascista abbia il diritto di “modificare” i
nomi di famiglia tedeschi, perché gli abitanti originari di queste terre sono
stati i romani che hanno dato al Sudtirolo la prima impronta culturale.
La
memoria storica di Tolomei si dimostra, in queste circostanze, assai corta. Non
vuole prendere atto del fatto che il Tirolo, prima dei Romani, è popolato da
ILLIRI e CELTI. L’attuazione concreta del decreto sulla italianizzazione dei
cognomi tedeschi ha inizio nell’estate del 1926. A 6000 di essi viene
“restituita” la forma italiana.
Tolomei,
in molti casi, li traduce letteralmente, per esempio GRUBER diventa DALLA FOSSA,
mentre, in altri, aggiunge un suffisso italiano, una “o” , una “i”, una
“a”, per cui il cognome FINK diventa FINCO.
Negli
anni 34 – 35 Tolomei pubblica il suo “REGISTRO DEI COGNOMI” (vedi TAB.
A3)
e lo rende disponibile alle autorità fasciste.
LA REPRESSIONE DELLA STAMPA TEDESCA
Oltre
ai giornali austriaci e tedeschi anche la stampa tedesca nel Sudtirolo esprime
apertamente il proprio sdegno sulle azioni violente dei fascisti. La reazione
delle autorità non si fa attendere. Il sottoprefetto di Bolzano Vitorelli,
introduce nel gennaio 1925, la censura preventiva per tutti i giornali tedeschi.
Il provvedimento colpisce i quotidiani “LANDMANN”, “BOZNER NACHRICHTEN”
e “MERANER ZEITUNG” nonché il settimanale “VOLKSBOTE” il cui direttore,
Michael Gamper viene incolpato di esposizione tendenziosa anti-italiana, mirata
ad impedire la fraternizzazione tra
i due popoli del Sudtirolo. Dopo il secondo avvertimento, nel luglio 1925,
vengono chiusi il “LANDMANN” assieme al “BRIXNER CHRONIK” e al “BOZNER
NACHRICHTEN”. Nel 1926, il prefetto Guadagnini dispone la chiusura del “VOLKSBOTE”,
del “VOLKSBLATT”, del “BURGGRÄFLER” e del “MERANER ZEITUNG”. Su
tali provvedimenti si cela l’intento dei fascisti di far uscire un proprio
quotidiano in lingua tedesca. Il progetto viene attuato nel marzo del 1926,
quando esce il primo numero del giornale fascista “ALPENZEITUNG”. Il
22 aprile 1927 inizia le pubblicazioni l’organo ufficiale del partito
fascista dell’Alto Adige “LA PROVINCIA DI BOLZANO”. Intanto, il canonico
Gamper, appoggiato dai vescovi di Bressanone e di Trento, riesce
ad ottenere la riammissione del “VOLKSBOTE” e la stampa del nuovo
giornale “DOLOMITEN” i cui
contenuti, sottoposti a severa censura, devono essere concilianti verso il
regime.
L’ATTACCO
CONTRO I CONTADINI: LA CONQUISTA DEL SUOLO
IL
MASO CHIUSO
L’impronta caratteristica del Sudtirolo è l’insediamento di tipo sparso. Da molti punti del fondovalle, il versante esposto al sole, appare inframmezzato da molte isole disboscate e coltivate, ove si trova pure la casa del contadino; questi siti di tipo sparso, sono, quasi sempre occupati da masi. Nel Tirolo per MASO (vedi FOTO R) si intende una piccola azienda agricola che comprende, la casa, la stalla, il fienile, il granaio, il forno, il mulino, i campi e i pascoli. Il maso si definisce chiuso, quando non può essere frazionato bensì trasmesso, in eredità ed in blocco, da parte del proprietario, ancora in vita, al solo figlio primogenito. Questo sistema intende mantenere integra l’unità, la continuità, la produttività dell’azienda, evitando l’eccessiva frammentazione della proprietà terriera. La prima legge su questo argomento,promulgata da Maria Teresa d’Austria, nel 1770, identifica il “maso chiuso” come un’azienda agricola dotata di terreno necessario e sufficiente al mantenimento di una famiglia composta da 5 a 20 persone.
Alla morte del proprietario il
primogenito, che eredita il maso, deve liquidare, in denaro, i coeredi, senza
intaccare la proprietà. Questa legge, subisce, col tempo delle innovazioni. Una
delle più importanti è la facoltà concessa al padre, di scegliere l’erede
fra tutti i figli.
I PROVVEDIMENTI FASCISTI
Tolomei è dell’avviso che
si può ottenere una salda e duratura assimilazione di un popolo, fondando
gruppi coloniali nei settori dell’agricoltura e dell’industria. Spalleggiato
dal regime fascista, decide di distruggere il ceto contadino autoctono
applicando i seguenti, mirati, provvedimenti:
Ø
Nel
1929 viene abrogata la legge tirolese del MASO CHIUSO
o del MAGGIORASCO.
Spezzettando i poderi, si cerca di minare l’economia dei contadini tedeschi e
di fiaccare così il ceto più vitale ed importante della popolazione locale.
Ø
Si
istituisce l’Ente di Rinascita Agraria per le Tre Venezie (ERA)
col
compito di acquistare dai contadini indigeni masi e terreni; messi in vendita
sia a causa degli avvenuti frazionamenti, sia per la grave crisi economica
verificatasi. L’intenzione è, da un lato, quella di comprare, con l’aiuto
di prestiti concessi da banche veneziane, il maggior numero di proprietà
terriere, onde favorire l’immigrazione di colonie italiane e dall’altra
quella di “penetrare” le zone abitate dalla popolazione di stirpe germanica,
alterando, a medio termine, il rapporto
demografico tra tedeschi e italiani nel
Sudtirolo, a favore di quest’ultimi.
Ma
i fascisti, non raggiungono il loro scopo, perché i contadini restarono fedeli
alla consuetudine del Maso Chiuso. Fino alla reintroduzione della vecchia legge,
col Primo Statuto di autonomia del 1948, dei 12000 masi chiusi sudtirolesi,
risultano suddivisi
solo il 6,2%. Iniziative personali degli agricoltori stessi ed aiuti economici
austriaci impediscono la svendita di un maggior numero di aziende.
LA ZONA
INDUSTRIALE DI BOLZANO
Nonostante
i numerosi provvedimenti presi, Tolomei non riesce a fare dei sudtirolesi degli
italiani. Cambia allora strategia. La politica della assimilazione viene
cambiata con grande determinazione, puntando su quella dell’immigrazione.
Il
nuovo obiettivo è questo:
“Bolzano
deve diventare una città con centomila abitanti”, italiani, ovviamente. Già
nel 1926, il reparto chimica della Montecatini SPA costruisce, presso il Rio
Sinigo, alle porte di Merano, un grosso stabilimento industriale per la
produzione di fertilizzanti chimici e, nelle vicinanze, sorge il “Borgo
Vittoria” per alloggiarvi gli operai immigrati italiani. A questo stabilimento
di origine fascista non se ne aggiungono altri sino al 1936. Infatti le cose
cambiano radicalmente, quando, nel settembre del 1934, con regio decreto, si
pone la base per lo “sviluppo industriale di Bolzano”. Lo stesso Mussolini
contatta i più alti esponenti dell’economia italiana, informandoli sui
progetti governativi ed, assicurando notevoli agevolazioni fiscali nonché
sovvenzioni statali a coloro i quali sceglievano Bolzano per impiantavi delle
aziende industriali.
Creando
una zona industriale e dando lavoro a molti operai immigrati italiani (provenienti dalla Lombardia, dal Friuli
e specialmente dal Veneto) si
vuole cambiare
il rapporto numerico fra la popolazione originaria e quella immigrata, a favore
di quest’ultima.
Nella tarda estate del 1935, le ruspe iniziano il lavoro di demolizioni dei
frutteti a sud della città, ad Agruzzo (vedi FOTO
S), nonché dei frutteti tra
l’Isarco e la linea ferroviaria Bolzano – Verona. Sono ingoiati oltre 300
ettari di terreno, distrutti oltre 50000 alberi da frutta e migliaia di viti
pregiate. Molti contadini perdono così la base della loro esistenza. Le prime
aziende che iniziano l’attività sono: la “Alumetal” della Montecatini,
una fabbrica della Feltrinelli, la Società Italiana per il Magnesio, le
Acciaierie di Bolzano del Gruppo Falck, le carrozzerie Viberti, la Lancia
Veicoli Speciali di Torino. Per le maestranze e le loro famiglie si costruiscono
grandi caseggiati sulla riva destra dell’Isarco ed una quantità di casette
per quattro famiglie assieme a scuole e chiese. Con l’inizio dell’attività
produttrice, nella zona, incomincia anche la massiccia immigrazione dalle
vecchie province italiane. La città, nel 1937, aumenta di oltre 7000 persone
per raggiungere le 100000 unità nel 1967.
Con
l’impianto della zona industriale, da considerare il vero motore per
l’italianizzazione del Sudtirolo, il fascismo lascia un’eredità che estende
il suo influsso in quasi tutte le sfere della vita fino oltre la seconda guerra
mondiale (1939 – 1945).
1939:
LE OPZIONI
Nel gennaio del 1933 Hitler sale al potere. La Germania diventa nazista. Egli, nel proprio programma prevede di ricondurre in patria tutti gli appartenenti alla stirpe tedesca all’estero; infatti, nel 1935 la Saar e nel 1936 l’Austria, vengono annesse al REICH tedesco. Molti sudtirolesi, visti tali avvenimenti, sperano che presto anche il Sudtirolo sia ricordato in patria. In realtà Hitler è stanco del problema sudtirolese che può danneggiare gli ottimi rapporti esistenti tra i due stati. Il suo vero ed unico obiettivo è quello di una radicale, amichevole e definitiva soluzione del contenzioso che consiste nella trasmigrazione dei sudtirolesi. Quello che l’assimilazione non ha conseguito e che può essere risolto a medio termine mediante il raggiungimento di una maggioranza italiana, ora si spera di conseguirla attraverso l’eliminazione del potenziale pomo della discordia.
Il
23 giugno del 1939 si sigla a Berlino nella sede della GESTAPO (polizia segreta
di stato), fra le due delegazioni, fascista e nazista, il cosiddetto “ACCORDO
PER LE OPZIONI” ; nella Prinz-Albrecht-Strasse le luci si spengono solo a
tarda notte. Per i tirolesi inizia veramente il crepuscolo degli dei. OPZIONE
SIGNIFICA SCELTA. Formalmente significa, che i sudtirolesi POSSONO
SCEGLIERE TRA IL RIMANERE IN PATRIA O L’EMIGRAZIONE VERSO IL REICH TEDESCO.
Il termine fissato per l’opzione è il 31 dicembre 1939. L’espatrio si
doveva concludere entro la fine del 1942. Per i sudtirolesi l’opzione è una
prova drammatica. LA POPOLAZIONE CHE FINO ALLORA È
STATA CONTRO I FASCISTI, SI SPACCA IN DUE.
I “DABLEIBER”
o restanti e gli “OPTANTEN” o
partenti. Alla scadenza del termine, l’ 8% della popolazione decide per
l’emigrazione. Come mai un popolo così legato alla propria terra è disposto
a cambiare la propria HEIMAT (patria) per un’altra ignota oltre lo spartiacque
? Le ragioni sono molteplici. Molti optanti considerano che, per loro, in
Sudtirolo, non c’è più futuro, fin tanto che permane il regime fascista. La
nuova HEIMAT può dunque esistere solo nel REICH tedesco, il cui confine
meridionale raggiunge il valico del Brennero. Portavoce e forza motrice degli
OPTANTEN è il VKS (VÖLKISCHER KAMPFRING SÜDTIROLS).
Questo movimento, di chiara ideologia nazionalsocialista intravede, con l’ emigrazione, una possibilità di salvare il carattere Etnico dei Sudtirolesi. Hitler promette loro una nuova HEIMAT da individuarsi nel Burgenland austriaco, nella Boemia o persino nella penisola della Crimea!!!
Al contrario, i DABLEIBER che si sono riuniti in un altro movimento, il DEUTSCHER VERBAND, attorno al canonico MICHAEL GAMPER, danno alla straziante situazione, una valutazione diversa da quella del VKS. Essi non si fidano delle promesse di Hitler circa una zona di colonizzazione unitaria al di là del Brennero. Pertanto consigliano di non lasciare la propria terra per nessuna ragione in attesa di un cambiamento della situazione politica in Germania e in Italia. Agli occhi di MICHAEL GAMPER, HITLER e MUSSOLINI sono dei pazzi politici affetti da megalomania, il cui dominio non sarebbe durato a lungo. Il canonico viene sostenuto nelle sue convinzioni e nelle sue lotte contro l’emigrazione da gran parte del clero sudtirolese, mentre il Principe Vescovo di Bressanone JOHANNES GEISLER, opta per il REICH tedesco. Dopo il 31 dicembre 1939, si avvia la grande andata di trasmigrazione. In continuazione i treni, con a bordo gli optanti, passano per il Brennero (vedi FOTO T). Molti di loro si trasferiscono nel NORDTIROLO e nel VORARLBERG. Al 30 giugno 1942 il numero dei Sudtirolesi espatriati rappresenta il 30 % dell’intera popolazione. Dopo questa data la trasmigrazione si arresta a causa della II guerra mondiale.
Se a
Hitler e Mussolini i conti fossero tornati, oggi, nel Sudtirolo, non ci
sarebbero stati più né tedeschi, né ladini;
il problema sarebbe stato risolto definitivamente. Però così non fu.
10 GIUGNO 1940
L’Italia,
a fianco della Germania, entra nella II Guerra Mondiale.
25 LUGLIO 1943
Benito
Mussolini viene destituito.
25APRILE 1945
Termina
la II Guerra Mondiale.
8 MAGGIO 1945
A
Bolzano, nella VILLA MALFÉR, un gruppo di sudtirolesi fonda la SÜDTIROLER
WOLKSPARTEI, un partito popolare avente come meta prioritaria l’autodeterminazione,
ovvero l’annessione del Sudtirolo all’Austria. Come presidente viene
nominato Erich Ammon, commerciante bolzanino.
5 SETTEMBRE
1946
A Parigi viene stipulato “l’accordo De Gasperi – Gruber” (vedi FOTO U) che consta di 3 articoli:
ART. 1 Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento, godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca. In conformità dei provvedimenti legislativi già emanati o emanandi, ai cittadini di lingua tedesca sarà in particolare concesso:
A) l’insegnamento primario e secondario nella loro lingua;
B) l’uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue;
C) il diritto di ristabilire i nomi di famiglia tedeschi che siano stati italianizzati nel corso degli ultimi anni;
D) l’eguaglianza di diritti per l’ammissione a pubblici uffici, allo scopo di attuare una più soddisfacente distribuzione degli impieghi fra i due gruppi etnici.
ART. 2 Alle popolazioni delle
zone sopraddette sarà concesso l’esercizio di un potere legislativo ed
esecutivo autonomo, nell’ambito delle zone stesse. Il quadro nel quale detta
autonomia sarà applicato sarà determinato, consultando anche elementi locali
rappresentanti la popolazione di lingua tedesca.
ART. 3 Il governo italiano, allo
scopo di stabilire relazioni di buon vicinato tra l’Austria e l’Italia,
s’impegna, dopo essersi consultato con il governo austriaco, ed entro un anno
dalla firma del presente trattato.
A) A rivedere, in spirito di equità e di comprensione, il regime delle opzioni di cittadinanza, quale risulta dagli accordi Hitler – Mussolini del 1939;
B) A concludere un accordo per il reciproco riconoscimento della validità di alcuni titoli di studio e diplomi universitari;
C) Ad approntare una convenzione per il libero transito dei passeggeri e delle merci tra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale, sia per ferrovia che, nella misura più larga possibile per strada;
D)
A concludere accordi speciali tendenti a facilitare un più esteso
traffico di frontiera e scambi locali di determinati quantitativi di prodotti e
di merci tipiche fra l’Austria e l’Italia.
Il
patto Degasperi – Gruber – stipulato il 5 settembre 1946- va agli atti come
“allegato” al
trattato di pace. Ciò costituisce, di fatto, un primo effettivo momento di
internazionalizzazione del problema legato all’autonomia altoatesina che, dal
patto, trae la sua origine e la sua motivazione giuridica antecedente,
ovviamente, a quella che sarà successivamente riconosciuta dall’Articolo 6
della Costituzione che garantisce la tutela delle minoranze linguistiche
esistenti in Italia.
Di
fatto al diritto di autodecisione o autodeterminazione di questo popolo viene
sostituito il diritto di amministrarsi autonomamente.
Paragonando
il Sudtirolo ad un condominio, è necessario, per garantire una buona convivenza
tra gli inquilini italiani, sudtirolesi e ladini, elaborare un apposito
regolamento. Questo regolamento è lo STATUTO DI
AUTONOMIA formulato
e promulgato dal governo di Roma, ma d’intesa con i rappresentanti politici
del Sudtirolo.
1 GENNAIO
1948
Entra il vigore la Costituzione dell’Italia
repubblicana; l’Alto Adige con la Provincia di Trento forma la Regione
Autonoma Trentino – Alto Adige.
29 GENNAIO 1948
L’Assemblea
costituente italiana approva il “I STATUTO di
AUTONOMIA” della Regione Trentino – Alto
Adige. Ma secondo i suditirolesi, questa autonomia, non corrisponde affatto allo
spirito dell’Accordo di Parigi, poiché non è circoscritta al Sudtirolo, ma
viene estesa alla regione Trentino – Alto Adige che ha come capitale
amministrativa Trento, costituita, per i due terzi, da abitanti italiani.
Essendo nella regione
una minoranza, i sudtirolesi vengono brutalmente esclusi dai vantaggi assicurati
loro dall’Accordo De Gasperi – Gruber. Gli investimenti vengono quasi sempre
fatti nel Trentino ed i Sudtirolesi restano a bocca asciutta. Gli anni seguenti
sono perciò assai spiacevoli per loro, considerando che, continuava la
massiccia immigrazione, prevalentemente delle province meridionali; avviene una
evidente discriminazione degli originari nell’assegnazione di posti del
servizio pubblico e delle abitazioni dell’edilizia popolare agevolata. Il 90%
degli appartamenti sovvenzionati dalla mano pubblica viene messo a disposizione
di famiglie italiane.
1952
Muore, nella sua tenuta
di Glen, a 86 anni, Ettore Tolomei, l’ideatore delle misure per
l’annientamento del germanesimo nel Sudtirolo.
6 OTTOBRE 1956
L’esperimento
autonomistico iniziato col I STATUTO è in crisi. I sudtirolesi sostengono che l’autonomia
regionale non garantisce i loro diritti.
La soluzione che si prefissano è l’autonomia
provinciale.
20 SETTEMBRE 1956
NASCE IL TERRORISMO
L’atteggiamento
provocatorio del Governo Italiano finisce per provocare reazioni di stampa
terroristica. La storia di questi attentati si può suddividere in due fasi: la
prima, in cui si segue il principio di non mettere in pericolo nessuna vita
umana, giunge fino a circa il 1961; nella seconda fase ci sono vittime, feriti e
gravi danni materiali. I primi attentati avvengono nel settembre del 1956 a
Bolzano contro la caserma OTTO HUBER e contro la linea aerea di contatto della
ferrovia a Settequerce, presso Bolzano; i responsabili sono sudtirolesi delusi
dalla politica della SVP ed organizzati nel BAS cioè il
COMITATO DI LIBERAZIONE DEL SUDTIROLO.
17 NOVEMBRE 1957
IL RADUNO DI CASTELFIRMIANO (SCHLOSS
SIGMUNDSKRON)
I
tentativi di migliorare la gestione autonomistica
sono, per il momento, falliti.
Una
violenta protesta viene promossa dalla SVP alla notizia che il governo ha
stanziato una somma di 2,5 miliardi per 5000 appartamenti nel Sudtirolo,
nell’intento di agevolare nuovi insediamenti della popolazione italiana.
Nella
primavera del 1957, avviene nella SVP un cambio della guardia: i moderati
sono detronizzati e viene nominato come leader
del partito, dalla corrente
radicale,
SILVIUS MAGNAGO, che intende prendere una posizione più dura contro la politica
dilatoria (=che ritarda) ed ostruzionista di Roma.
Dieci
giorni più tardi, la commissione della SVP decide di esprimere la sua
indignazione, invitando a Castelfirmiano, per una grande manifestazione, presso
Bolzano, tutti i sudtirolesi. Silvius Magnago (vedi FOTO
V) parla davanti a
35000 persone. Il nuovo slogan (vedi FOTO
Z) è LOS
VON TRIENT, cioè “via da Trento”.
Proclama: non vogliamo nessuna autonomia insieme
ai trentini, perché questa, in forza dell’Accordo di Parigi, spetta soltanto
ai sudtirolesi.
GENNAIO 1961
A
Glen, presso EGNA, avviene un’attentato contro la casa di Ettore Tolomei; la
carica esplosiva, sistemata da JOSEF FONTANA, apre nel muro uno squarcio di 2
metri e scoperchia metà del tetto.
11 –12 GIUGNO 1961
La
serie degli attentati raggiunge il culmine nella notte che entra nella storia
del Sudtirolo come “NOTTE DI FUOCO” (vedi FOTO
J). Saltano in aria ben 37
tralicci dell’alta tensione dislocati in tutta la provincia. Questo triste
episodio dà il via ad una nuova ondata di azioni dinamitarde.
1 SETTEMBRE 1961
Su
proposta del Ministro degli Interni MARIO SCELBA, il Governo italiano istituisce
la cosiddetta COMMISSIONE DEI 19,
composta da 11 italiani e 8 sudtirolesi nell’intento di sbloccare una
situazione divenuta insostenibile. Essa deve esaminare i problemi da tutti i
punti di vista e poi sottoporre al Governo proposte per risolverli. Tale
commissione presieduta dal socialdemocratico PAOLO ROSSI è di fatto
l’ispiratrice di una serie di proposte che in seguito portano alla formazione
del PACCHETTO:
un insieme di misure o provvedimenti che saranno alla base della nuova
autonomia.
10 APRILE 1964
La
commissione dei 19 conclude i lavori e presenta al governo un “pacchetto” di
110 misure a favore delle popolazioni Sudtirolesi.
22 NOVEMBRE 1969
IL “PACCHETTO”
A
Merano, nel salone del KURHAUS, viene convocato a porte chiuse un congresso
straordinario della SVP, al quale SILVIUS MAGNAGO propone l’accettazione del
cosiddetto PACCHETTO,
ovvero una serie di competenze che il Governo di
Roma è disposto a concedere alla provincia autonoma di Bolzano.
All’interno
di esso, molte competenze, vengono devolute da
Trento alla Provincia Autonoma
di Bolzano. I poteri non sono più nelle mani
della maggioranza italiana ma passano, per buona parte, a quella tedesca per
salvaguardare le sue peculiarità etniche e culturali.
Decidere
se accettarlo o meno spetta al SVP, poiché costituisce il partito che
rappresenta i diritti e gli interessi della massima parte della popolazione, la
corrente politica legittimata per 30 anni dalla libera scelta degli elettori.
Alle
2,30 del mattino lo spoglio delle schede termina e si rende noto il risultato
finale: 583 voti a favore del PACCHETTO, 492 contrari, 15 schede bianche. Grazie
ad una maggioranza risicata, il PACCHETTO è approvato. Silvius Magnago vince
battendo all’interno una forte opposizione, capeggiata dal senatore PETER
BRUGGER.
Con
l’approvazione del Pacchetto si spiana la via ad un nuovo Statuto di Autonomia
più consistente che sostituisce quello del 1948.
20 GENNAIO 1972
Entra
in vigore il nuovo Statuto di Autonomia che, di fatto, realizza il “LOS VON
TRIENT” di Castelfirmiano. Nel nuovo quadro le
funzioni della Regione sono assolutamente ridotte. Il potere è affidato alle
due Provincie Autonome con una maggiore accentuazione per la Provincia Autonoma
di Bolzano. A
quest’ultima il nuovo Statuto di Autonomia trasmette Competenze primarie
e secondarie
(vedi TABELLA A4).
1979
La
tomba di Ettore Tolomei è oggetto di un attentato. A quasi mezzo secolo dalla
morte, il topografo di Montagna suscita ancora scandalo.
20 NOVEMBRE 1988
Alle
elezioni provinciali Silvius Magnago, Presidente della giunta di Bolzano, decide
di non ricandidarsi per il Consiglio provinciale e passa lo scettro della
politica locale all’Assessore all’Agricoltura Luis Durnwalder (vedi FOTO
K).
27 APRILE 1991
A
Merano il congresso SVP elegge il successore di Silvius Magnago che lascia, dopo
oltre trent’anni, la guida del partito. La carica passa al senatore Roland Riz
(vedi FOTO W).
11 GIUGNO 1992
Con
il rilascio dello QUIETANZA LIBERATORIA
da parte dell’Austria nei confronti dell’Italia (vedi FOTO
Y) si conclude
formalmente la vertenza tra i due Paesi.
GUTE FAHRT SÜDTIROL!!!
BUON
VIAGGIO SÜDTIROLO!!!
APPROFONDIMENTO STORICO A CURA DEL PROF. MARIO RADAELLI