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7. DA SABA A
GIUDICI
DECADENTISMO E POESIA SEMPLICE
Abbiamo finora presentato gli autori che si collegano al modo di
scrivere poesia prevalente nel XX secolo: quello che dal Decadentismo e dal
Simbolismo giunge agli Ermetici italiani. Non è però questa la sola corrente
poetica del Novecento: esistono altri autori che cercano un linguaggio semplice
e che fanno uso molto limitato di metafore e figure retoriche. Fra questi
autori, che preferiscono una comunicazione diretta e immediata col lettore, il
più importante è probabilmente il triestino Umberto Saba.
LA VITA E LA POESIA DI SABA
Umberto Saba (così il poeta firmò i propri scritti) nacque a
Trieste nel 1883. Sua madre, Felicita Rachele Coen, era ebrea (per questo
motivo il poeta dovette subire persecuzioni razziali nel periodo fascista); non
lo era invece il padre, Ugo Poli. I genitori erano già separati alla nascita
del bimbo. A diciotto anni, Saba sposò Lina, dalla quale ebbe una figlia.
Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, lo scrittore,
ventenne, con la famiglia tornò a Trieste dove aprì una libreria antiquaria. La
sua esistenza fu tormentata, oltre che dalle persecuzioni, dal fragile
equilibrio mentale (ricorse anche, senza risultati risolutivi, a una terapia
psicoanalitica).
Nel secondo dopoguerra lo scrittore si avvicinò all'impegno
politico, schierandosi per i partiti di sinistra, vivendo, nel frattempo,
un'intensa religiosità personale, non legata direttamente a nessuna Chiesa.
L'obiettivo fondamentale della sua vita fu la realizzazione della
raccolta di testi poetici Il canzoniere
(pubblicata in varie edizioni e, in forma definitiva, postuma, nel 1961).
Saba si dichiarò contrario a ogni tentativo di esprimere
l'inesprimibile e dunque la sua poesia, semplice e facile da comprendere, fu
molto lontana dai temi e dal gusto del Decadentismo e del Simbolismo.
Lo scrittore e la sua raccolta divennero perciò punto di
riferimento per tutti quei poeti, concentrati soprattutto in Lombardia, che
nella seconda metà del Novecento rifiutavano l'ambiguità e la polisemia dello
stile simbolistico e ermetico.
Il poeta, ormai divenuto famoso, morì settantenne a Gorizia nel
1957, meno di un anno dopo la scomparsa dell'amata moglie.
I TESTI
Il
canzoniere è una raccolta che tratta soprattutto temi e sentimenti semplici,
condivisibili da persone comuni e tratti dalla vita quotidiana (celebri sono,
per esempio, le poesie dedicate al gioco del calcio).
La concezione di poesia onesta (come l'autore stesso la definì) e
fondata su parole semplici e d'uso comune (trite)
è chiaramente espressa nei primi versi della lirica Amai:
Amai
trite parole che non uno
osava.
M'incantò la rima fiore
amore,
la
più antica difficile del mondo.
Amai
la verità che giace al fondo,
quasi
un sogno obliato, che il dolore
riscopre
amica. (...)
La poesia di Saba ricercava, dunque, nella vita quotidiana, nella
semplicità di un gesto di amore o di gentilezza (fiore), quella verità sul senso dell'esistenza umana che il dolore
(tema di fondo, questo, del Canzoniere)
ci fa riscoprire. Eppure l'apparente ingenuità della poesia di Saba presenta
una nobile eleganza che esprime, nella forma novecentesca del verso libero,
messaggi di grande saggezza, come quello contenuto in questa lirica scritta in
età avanzata, Momento:
Gli
uccelli alla finestra, le persiane
socchiuse:
un'aria d'infanzia e d'estate
che
mi consola. Veramente ho gli anni
che
so di avere? O solo dieci? A cosa
mai
mi ha servito l'esperienza? A vivere
pago
a piccole cose onde vivevo
inquieto
un tempo.
E' questo il messaggio principale della poesia di questo autore:
la vita ci insegna a sopportare il dolore e ad accontentarci delle piccole
gioie (anzitutto, quelle derivanti dalla vita in famiglia) che in gioventù
lasciavano inquieti, cioè inappagati.
LA LINEA LOMBARDA: GIOVANNI GIUDICI
Gli studiosi hanno definito linea lombarda quel modo di
scrivere, profondo e lineare al tempo stesso, che caratterizza la maggior parte
delle raccolte di alcuni poeti del secondo Novecento la cui attività letteraria
si è sviluppata soprattutto nella città di Milano. Lo stile maggiormente
richiamato nei versi di questi scrittori è quello di Saba. Il più importante
fra loro può essere ritenuto Giovanni Giudici,
nato presso La Spezia nel 1924 e trasferitosi poi a Milano per lavorare
in un'azienda: in lui però la poesia semplice di Saba viene arricchita da
elementi più complessi, sia a livello di linguaggio che di polisemia
interpretativa.
Ecco l'esempio di un testo di Giudici, che chiaramente testimonia
la presenza di questa linea non-ermetica nella poesia italiana contemporanea. I
versi sono uno stralcio da Le ore
migliori, lirica tratta dalla raccolta La
vita in versi, edita da Mondadori nell'anno 1965. Il poeta si rivolge, con
parole semplici ma toccanti, alla moglie, osservando che la vita quotidiana,
che egli, padre, spende sul lavoro ed ella, madre, nel disbrigo delle faccende
domestiche, finisce per portare al sacrificio delle ore migliori di
un'esistenza che pure è breve.
(...)
Il
buon cibo conforta dopo l'onesta fatica.
Ma
già si ammucchiano stoviglie mentre mangiamo
troppo
avidamente, per fare presto.
E
ricominci: i necessari rifiuti
in un
solo piatto raccogli, riempi
il
lavandino ove galleggiano sughi,
affondando
fili di pasta, bucce. Adempi
la
tua virtù necessaria, riordini
ancora
una volta la casa. Io ad altro
lavoro
attendo, al mio ufficio, sperando
di
fornir l'opra e non me, anzi che giunga la sera,
per
godermi la luce residua e, di me
stesso
padrone, qualche ora d'avanzo.
Ma
non sarà questa la vita vera:
sono
queste le ore migliori e non ci appartengono.
Eccoci
ancora intorno alla mensa serale,
tra
le risse dei figli allegramente spietate:
e
nuovamente si guasta la linda cucina,
la
tovaglia è chiazzata di vino. "Lascia
così
- suggerisco - penserai domattina
a
tutto. Adesso resta un poco con me."