Già sono state approfondite alcune tematiche fondamentali connesse con l'introduzione dell'Euro dal primo gennaio 1999 sia per quanto riguarda le motivazioni di tale progetto che per le modalità pratiche di attuazione. Il rientro della lira nel meccanismo di cambio dello SME (deciso il 24 novembre 1996) rappresenta un ulteriore importante fatto da approfondire in quanto indica il tasso di cambio con il quale la lira potrebbe essere assorbita dall'Euro in modo permanente. Ciò naturalmente pone tutta una serie di interrogativi circa le condizioni con le quali il "sistema Italia" e in particolare le imprese, le istituzioni finanziarie e i cittadini parteciperanno al divenire dell'economia europea e alla sua collaborazione nel contesto mondiale. In primo luogo il rientro della lira nel meccanismo di cambio dello SME rappresenta un fattore di fondamentale importanza nel mutare gli scenari operativi per le imprese rispetto agli elementi di valutazione disponibili sino a non molto tempo prima di domenica 24 novembre 1996 quando, dopo un confronto drammatico, si giunti alla fissazione della parità lira/marco 990 lire. Basti pensare che a inizio 1996 il cambio lira/marco "a pronti" era 1.095 mentre il cambio "a termine" a dodici mesi era 1.164. La parità decisa il 24 novembre 1996 consente una serie di riflessioni, ipotizzando che la politica economica del Governo abbia sufficiente credibilità per sostenere tale livello e che l'inflazione continui a essere percepita come sotto controllo da parte dei mercati. Vale comunque la pena sottolineare, per quanto riguarda la politica fiscale, che il processo di risanamento della finanza pubblica italiana dovrà dare ulteriori prove convincenti di sapere incidere sulle cause strutturali del disavanzo, soprattutto per quanto riguarda i principali flussi di spesa e i loro perversi automatismi. Inoltre, per quanto riguarda la politica monetaria, essa si trova nella non facile situazione di dover tenere sotto controllo due obiettivi che richiedono una analoga attitudine restrittiva. Tale prospettiva può essere rafforzativa dalle preoccupazione relative all'effettivo andamento dei conti dello Stato e ai possibili effetti sull'inflazione degli aumenti nelle imposte indirette e nelle tariffe. Il cambio a quota 990 non si discosta molto da quello calcolabile sulla base del differenziale di inflazione accumulato dall'Italia rispetto alla Germania. Tuttavia, a parte l'inevitabile approssimazione di tali stime, non vi è dubbio che la crisi della lira sfociata nella insostenibilità del cambio nel settembre 1992 stata causata non solo dal difforme andamento dell'inflazione ma anche da molteplici cause strutturali che vanno dalla inadeguatezza della politica economica e di bilancio a tutta una serie di inefficienze penalizzano le imprese italiane. Bisogna tuttavia dare atto del fatto che si è proceduto a una marcata deindicizzazione dell'economia soprattutto per quando riguarda gli automatismi relativi al costo del lavoro e ciò rappresenta certamente un fattore positivo in una situazione di impegno alla stabilità del cambio. Quindi non è azzardato affermare che il nuovo livello ufficiale del cambio destinato almeno nelle intenzioni a rimanere tale sino alla adesione dell'Italia alla moneta unica è un cambio che non solo modifica i prezzi relativi rispetto ai concorrenti dell'area SME a svantaggio dell'Italia ma che spazza via la possibilità di usare svalutazioni più o meno striscianti per recuperare competitività. Tre sembrano quindi le ottiche in cui collocarsi per delineare i contesti in cui si troveranno a operare le imprese italiane: il commercio dei beni, il commercio di servizi e le attività di internazionalizzazione produttiva. Inoltre dato che il rientro della lira nel meccanismo di cambio dello SME è finalizzato alla partecipazione dell'Italia all'Euro, occorre riflettere anche sulle conseguenze che la moneta unica avrà per alcuni settori direttamente coinvolti, come quello dei servizi finanziari, ma non solo.
Le imprese avranno un sicuro vantaggio nel lavorare con una sola moneta per tutti gli
scambi commerciali in Europa. Non dovranno più preoccuparsi delle oscillazioni dei cambi
che creano incertezza e sono quindi nemiche dell'investimento.