Il 3 dicembre 1998, a poco meno di un mese dall'introduzione della moneta unica, le 11 Banche centrali dell'area euro hanno annunciato un abbassamento concertato dei tassi di riferimento. Dieci Paesi lo hanno portato al 3%, mentre l'Italia - che partiva da livelli più alti del costo del denaro - lo ha ribassato di mezzo punto, dal 4 al 3,5 per cento e si è allineata agli altri il 23 dicembre. Con questa mossa i banchieri centrali nazionali hanno giocato d'anticipo rispetto alla Banca centrale europea. La convergenza al 3% significa un vantaggio netto per le imprese e le famiglie italiane: un tasso di riferimento che non si era mai visto da noi, nemmeno negli anni d'oro del boom economico, quando la Banca d'Italia tenne la sua leva monetaria bloccata dal 1958 al 1969 sul livello del 3,5 per cento.

Le famiglie guardano dunque con speranza alla discesa dei mutui casa: ai primi di gennaio i tassi medi offerti dagli istituti di credito italiani oscillano fra il 5 e il 6% (per il fisso) e intorno al 5-5,5% per i mutui a tasso variabile. Alcune banche, proprio in coincidenza dell’avvio dell’euro, sono scese sotto la soglia del 5 per cento, anche se il presidente dell’Abi Maurizio Sella ha raffreddato gli entusiasmi di chi ha prefigurato a breve termine un livello del 4,15-4,30 per cento ("dipenderà dal mercato, dal costo della raccolta e da altre condizioni").