In questi ultimi mesi sono fluiti fiumi d'inchiostro su come le aziende debbano attrezzarsi in vista della moneta unica. Secondo un'indagine europea condotta, a cavallo tra il '97 e il '98, dall'Ibm risulta che il grado di preparazione delle imprese italiane era sostanzialmente in linea con gli altri Paesi. Ma, in particolare, risultava che le aziende più grandi erano quelle più tempestive e che stavano strutturandosi (considerati i vantaggi) per adottare l'euro al più presto. Il buco nero rimane la piccola e media impresa, che costituisce l'ossatura della nostra economia: difatti il 42% dell'occupazione italiana fa capo ad aziende con meno di nove addetti, contro una media europea del 26 per cento.

Stando a un sondaggio della Confindustria e dell'Istituto Tagliacarne, risalente alla scorsa estate, è risultato che tra le Pmi esiste una radicata e diffusa impreparazione alla moneta unica, tanto che lo stesso Istituto parla esplicitamente di "deficit di adattamento".

In sostanza, è emerso che le imprese fino a 250 addetti (ma soprattutto le imprese più piccole) stanno facendo poco o nulla in vista del riposizionamento strategico. E sembrano aver disatteso tutti gli avvertimenti a non considerare l'euro come un'operazione meramente contabile. Difatti nel periodo transitorio, che va dal '99 al 2001, oltre la metà delle imprese contattate dichiara di volere adottare la costosa doppia contabilità (in lire e in euro), ma sette imprenditori su dieci non hanno idea di quanto possa incidere sul conto economico.

L'impreparazione del sistema delle piccole e medie imprese italiane all'appuntamento con l'euro è confermata da una recentissima ricerca dell'Istat (14 dicembre 1998), secondo la quale solo il 18,2% delle società italiane esprimerà il bilancio e il listino prezzi nella nuova valuta già dal prossimo anno, mentre il 40,9% rimanderà il tutto al Duemila e il 37,2% aspetterà il 2001, l'ultimo anno disponibile prima di passare al regime definitivo. Ma, sempre secondo la ricerca Istat, anche le grandi imprese sono in ritardo: solo il 23% si adeguerà già dal 1999, mentre il 40% avrebbe deciso di aspettare fino al Duemila.