Eurolabel

E’ naturale che i cittadini e i consumatori in generale avranno bisogno di un po’ di tempo per abituarsi alla nuova moneta. Come quando si fa un breve soggiorno in un Paese straniero c’è il rischio di perdere la "percezione" dei prezzi, in particolare per gli italiani, che lasceranno la vecchia "liretta" per passare a una nuova unità monetaria del valore quasi 2mila lire attuali. Cadono di colpo tre zeri: nei primi tempi occorrerà esercitarsi in una sorta di "ginnastica mentale", più o meno come avviene per esempio quando dobbiamo trasformare nei calcoli le lire in dollari.

Per un’intesa (volontaria) fra i rappresentanti del commercio e quelli dei consumatori, i negozi avranno la facoltà di esporre la doppia prezzatura (in moneta nazionale e in euro) dei beni di largo consumo. In Italia dalla fine di gennaio l'euro arriverà nei negozi di nove città (Treviso, Pavia, Perugia, Foggia, Vicenza, Taormina, Siena, Abano Terme, Bra in provincia di Cuneo): un adesivo rettangolare blu e azzurro, con il simbolo dell’euro e i tratti di un volto che sorride, sarà esposto in vetrina dai commercianti che aderiscono all'accordo Eurolabel. L’etichetta potrà riportare anche la scritta "si accettano pagamenti in euro" se il negozio, oltre a esporre il doppio prezzo, accetta pagamenti con carte di credito, bonifici e assegni espressi in euro.

Prezzi trasparenti, non prezzo unico

Un altro contraccolpo psicologico potrebbe venire dal confronto fra i salari nei diversi Paesi euro, per esempio di un operaio o di un impiegato o di un insegnante. Questi raffronti, con la moneta unica, saranno infatti di immediata lettura, anche se il fatto che il metalmeccanico tedesco guadagni 2 o 3 mila euro al mese dipende dai diversi livelli di produttività di Italia e Germania. In altre parole l’operaio di Colonia o di Monaco ha un salario più alto perché, con il proprio lavoro e una più alta dotazione di capitale, produce beni e servizi che vengono venduti sul mercato a un prezzo maggiore. Inoltre con mille euro in Germania non si acquistano gli stessi prodotti che in Italia (come il costo della vita, e quindi il potere d'acquisto, a Palermo è inferiore di quasi un terzo rispetto a Milano).

L’introduzione dell’euro faciliterà la trasparenza dei prezzi, attenuandone le differenze, renderà i mercati più competitivi ed efficienti, anche se non porterà al prezzo unico per le stesse merci. La spiegazione, come si può capire dagli esempi citati sopra, è legata ai tradizionali vantaggi comparati nella produzione dei beni, alle differenze dei costi di trasporto e distribuzione, alla struttura del commercio all’ingrosso e al minuto, alle diverse aliquote Iva: la "questione fiscale" è da tempo sul tavolo dei capi di Stato e di Governo, ma anche l’ultimo Consiglio europeo di Vienna l’11 e 12 dicembre si è chiuso con un rinvio dell’approvazione del cosiddetto Pacchetto Monti (che prevede appunto l’armonizzazione in tutti i Paesi Ue delle aliquote fiscali).

Secondo una ricerca della Nielsen diffusa nelle scorse settimane, i consumatori europei saranno più attenti ai prezzi: di fronte a un certo disorientamento iniziale potranno rifugiarsi nella fedeltà alla marca o al punto vendita, ma si dovrebbe poi andare a un "consumerismo transnazionale". La politica commerciale delle grandi imprese dovrebbe portare a un’armonizzazione dei prezzi (in basso) e a una riorganizzazione dei formati dei prodotti da esporre negli scaffali dei supermercati europei.

Un altro studio della Lehman Brothers pubblicato a fine agosto 1998 ha confrontato 53 prodotti omogenei venduti nei Paesi dell’area euro (dalla bottiglia di Coca-Cola alla Volkswagen Golf, dal litro di latte al computer Compaq Presario, dalla mezza dozzina di uova ai Jeans Levi’s). La differenza media dei prezzi è risultata del 23% (il doppio che negli Stati Uniti): più basso è lo scarto per i Levi’s e la VW Golf; per una bottiglia di birra si arriva invece al 50 per cento. La famosa casalinga di Voghera non andrà quindi a fare la spesa in Francia o in Germania per "lucrare" la differenza di prezzo, ma quando si parla di beni durevoli come un’autovettura o un computer il discorso cambia. Per le automobili in particolare, secondo gli analisti della Lehman, dove già oggi lo scostamento è soltanto del 7%, il differenziale dovrebbe ridursi ancora di più. Molta convergenza ci sarà anche nel settore delle telecomunicazioni e in quello della telefonia mobile in particolare.