Ugo Foscolo
Testi esemplari e trascrizione in italiano contemporaneo

Da  ' Le ultime lettere di Jacopo Ortis '

Il brano riproduce l'inizio e la conclusione della lettera in cui Jacopo Ortis parla a Lorenzo dei sentimenti provati dopo che Teresa, la giovane amata dal protagonista, l'ha baciato. Fra parentesi parafrasiamo, in forma semplificata, i passi di più difficile comprensione.

 

15 maggio 1798

  Dopo quel bacio io son fatto divino . Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio aspetto più gajo, il mio cuore più compassionevole. Mi pare che tutto s'abbellisca a' miei sguardi; il lamentar degli augelli, e il bisbiglio de' zefiri fra le frondi son oggi più soavi che mai; le piante si fecondano, e i fiori si colorano sotto a' miei piedi; non fuggo più gli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno è tutto bellezza e armonia. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltà, io, sdegnando ogni modello terreno, la troverei nella mia  immaginazione. O Amore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animi generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole con le voci e co' pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese: tu raccendi ne' nostri petti la sola vera virtù utile a' mortali, la Pietà, per cui sorride talvolta il labbro dell'infelice condannato ai sospiri: e per te rivive sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e morte. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata; gli animali ,nemici fra loro; il sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale. (...) "Illusioni!" grida il filosofo. "Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de' baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondevano lo splendore della divinità sulle imperfezioni dell'uomo, e che trovavano il bello e il vero accarezzando gli idoli della loro fantasia! Illusioni! Ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancora di più) nella rigida e nojosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.

 

RISCRITTURA

 

15 maggio 1798

 

Dopo quel bacio io sono diventato divino. Le mie idee sono più elevate e liete, il mio aspetto più allegro, il mio cuore più pieno di compassione. Mi sembra che tutto si abbellisca davanti ai miei occhi; il lamento degli uccelli, e il bisbiglio degli uccelli fra le fronde sono oggi più dolci che mai; le piante vengono fecondate, i fiori si colorano sotto i miei piedi; non cerco più di evitare gli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Se dovessi scolpire o dipingere la Bellezza, rifiutando ogni modello terreno, la troverei nella mia immaginazione. O Amore! le belle arti sono tue figlie; tu per primo hai guidato sulla terra la sacra poesia, unico alimento degli animi generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti divini fino alle più lontane generazioni, spronandole con le voci e con i pensieri ispirati dal cielo a nobilissime imprese: tu accendi nei nostri cuori la sola vera virtù utile agli uomini, la Pietà, grazie alla quale talvolta sorride il labbro dell’infelice condannato a sospirare: e attraverso di te rivive sempre il piacere che feconda gli esseri viventi, senza il quale tutto sarebbe caos e morte. Se tu te ne andassi, la Terra diverrebbe inabitabile; gli animali, nemici fra loro; il Sole, un fuoco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione (…)

-Illusioni!- grida il filosofo. – Ma non è forse tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credevano degni dei baci delle immortali dee del cielo; che facevano sacrifici alla Bellezza e alle Grazie; che diffondevano la splendida luce degli dei sulle imperfezioni umane, e che trovavano il bello e il vero inseguendo i sogni della loro fantasia. Illusioni! Ma intanto, senza di esse, io sentirei, nella vita, solo dolore o (il che mi spaventa ancora di più) nella fredda e noiosa assenza di ogni sentimento: e se questo cuore non vorrà più provare sentimenti, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.

 

ANALISI DEL TESTO NARRATIVO

 

Il testo preso in considerazione è tratto da un romanzo epistolare: la forma di lettera è rivelata dalla data posta come intestazione. In questa parte del romanzo l'io narrante è la voce del protagonista, Jacopo Ortis (in altre, meno significative, l'io narrante coincide invece col personaggio dell'amico Lorenzo Alderani, che commenta la tragica vicenda). In entrambi i casi, il narratore è interno alla vicenda narrata, e questa scelta permette all'autore di esprimere in modo più diretto e intenso i sentimenti del protagonista. L'importanza attribuita ai sentimenti è un tema romantico, e tipicamente romantica è pure l'individualistica solitudine del protagonista (anche Teresa, la giovane profondamente amata, appare solo sullo sfondo). Nella prima parte del testo il tema centrale riguarda i prodigi compiuti dall'amore, cui viene attribuito il potere di rendere gioioso e compassionevole l'uomo, stupendo e ridente il paesaggio, e di fare apparire la bellezza ovunque (è questa una conseguenza che Jacopo ha verificato in sé dopo aver ricevuto il bacio di Teresa). Seguono alcune considerazioni più riflessive: le arti e la poesia, che permettono all'uomo di esprimere la bellezza, sono considerate "figlie" dell'amore, e la voce narrante afferma che senza amore non ci sarebbero né la pietà né i legami fra gli uomini: non esisterebbe, anzi, neppure la vita, e il mondo diventerebbe selvaggio e inospitale. In tutta questa parte il tema romantico dell'esaltazione dell'amore si integra armoniosamente col tema neoclassico della lode della bellezza: il tono però è prevalentemente romantico (spesso ci si riferisce all'esperienza dei sentimenti, e le numerose esclamazioni evidenziano il carattere emotivo dell'espressione).

L'ultima parte della lettera esprime un conflitto interno all'io narrante, cioè all'Ortis (e, poiché il romanzo è autobiografico, anche al Foscolo). La ragione, personificata da un filosofo (ovviamente illuminista), ritiene "illusioni", cioè sogni che non reggono a un'analisi razionale, i sentimenti d'amore: ma a questa obiezione un'altra parte della personalità risponde che tutto è sogno (gli antichi si illudevano coi loro miti e le loro fantasie, ma erano felici) e che inoltre, senza queste illusioni e senza profondi sentimenti del cuore, la vita non avrebbe senso. La conclusione del brano, attraverso questo passo riflessivo, approda a una concezione decisamente romantica, apertamente contrapposta alle tesi illuministiche: il cuore e la fantasia sono, infatti, ritenuti più importanti della ragione.

 

Da  ' I Sepolcri '

Rivolgendosi al Pindemonte, nella parte iniziale del carme, dopo aver affermato che la natura, la materia che compone l'universo, distrugge e trasforma ogni cosa, compreso l'uomo, i suoi resti e le tombe, per cui nulla le sopravvive, il poeta scrive, riferendosi all'essere umano scomparso (vv. 26-40):

 

Non vive ei forse anche sotterra, quando

gli sarà muta l'armonia del giorno,

se può destarla con soavi cure

nella mente de' suoi? Celeste è questa

corrispondenza d'amorosi sensi,

celeste dote è negli umani; e spesso

per lei si vive con l'amico estinto

e l'estinto con noi, se pia la terra

che lo raccolse infante e lo nutriva,

nel suo grembo materno ultimo asilo

porgendo, sacre le reliquie renda

dall'insultar de' nembi e dal profano

piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,

e di fiori odorata arbore amica

le ceneri di molli ombre consoli.

(...)

 

PARAFRASI  

Forse che il defunto non vive ancora sottoterra, quando, dopo la morte, l'armonia della vita non gli dice più nulla, se può accenderla , suscitando i dolci sentimenti della compassione, nella mente dei suoi cari? E' divina questa corrispondenza di sentimenti d'amore, negli esseri umani è presente questa qualità divina; e spesso grazie ad essa ci sembra di vivere con l'amico scomparso, e ci sembra che lo scomparso viva con noi, se generosa la terra, che lo accolse alla nascita e lo nutrì, porgendogli nel suo grembo materno un ultimo riparo, rende sacri i suoi resti e li protegge dalle tempeste e dalle profanazioni dei piedi dei passanti, e la pietra conserva il nome del defunto, e un'amica pianta profumata di fiori consola i le spoglie con le sue delicate ombre.

 

ANALISI DEL TESTO POETICO

a. Il contenuto e il messaggio

Nei versi che precedono il passo preso in considerazione, aveva fatto sentire la propria voce la ragione, affermando che nulla dell'individuo scomparso sopravvive alla morte. Ora invece, inizialmente in forma di interrogazione retorica (che sottintende, cioé, risposta affermativa), qui inizia a parlare il sentimento. E la voce del cuore afferma che, in qualche modo, chi muore vive anche sottoterra. Qual è il miracolo che può rendere ancora vivo il defunto? E' l'amore, il legame che nasce dal sentimento e che viene in questi versi definito celeste,  cioè divino, superiore agli uomini. Grazie all'amore chi è vivo sente lo scomparso ancora presente in sé: nel ricordo, nella mente e nel cuore. E ogni uomo, che sa un giorno di dover morire, avverte nel sentimento la dolce speranza di poter vivere coi propri cari da estinto, se potrà suscitarne la compassione (ovverosia il ricordo affettuoso), essendo così in qualche modo presente, quasi ancora vivo, dentro di loro.

Questo miracolo si può realizzare, secondo l'autore, se la terra e il sepolcro accolgono i resti di chi è morto, se lo proteggono, se fiori e delicate ombre d'albero ornano la tomba, creando così un luogo sacro al quale possono recarsi le persone care per parlare con lo scomparso, quasi fosse ancora vivo. In questo passo il Foscolo esprime, con accenti commossi, quello che è stato definito il mito del sepolcro, centro del rifiuto che sorge dal profondo del suo cuore di considerare la morte come fine di ogni cosa. Egli cerca in questi versi (e negli altri, che seguiranno) di fondare una religione terrena, che affida la sopravvivenza dei morti al ricordo dei vivi, all'amore, all'eredità d'affetti (come dirà poi: alle buone tracce lasciate nei sentimenti degli altri): e poco importa se la ragione – il filosofo - definisce “illusione” tutto ciò.

La presenza ricorrente del tema della tomba nell'autore dipende dall'influsso della poesia sepolcrale da cui fu anticipato il Romanticismo, ma soprattutto da elementi autobiografici: in quei decenni di continue guerre il poeta ha perduto non pochi amici; inoltre egli, soprattutto, certamente aveva cominciato ad interrogarsi

intorno alla morte fin da ragazzo, quattordicenne, davanti alla tomba del padre precocemente scomparso.

b. La struttura metrica e ritmica

L'autore attribuisce al testo la denominazione di carme (termine ripreso dal latino: “componimento poetico”). In questo modo il Foscolo si dimostra consapevole dell'originalità dei Sepolcri, che si collocano a metà strada fra il genere poetico lirico (nel quale vengono espresse soprattutto esperienze personali e sentimenti) e quello didascalico (nel quale vengono esposte tesi e riflessioni). La struttura metrica, interamente costituita da endecasillabi sciolti, si ricollega a quella dei poemi didascalici del Cinquecento e dei secoli successivi, ma il Foscolo la porta a un livello artistico molto più elevato.

Innanzitutto, egli sa costruire nei suoi versi una musicalità e un ritmo affascinanti. Nel testo preso in esame, per esempio, un unico periodo sintattico fluisce dalla metà del verso 29 al verso 40. La varietà del ritmo è assicurata soprattutto dalla sapiente alternanza delle virgole e degli enjambements (con questo termine si indica la non corrispondenza fra la struttura logica della frase e la fine del verso), alcuni dei quali fortissimi: questa / corrispondenza - asilo / porgendo - profano / piede ...

Numerose e sapientemente dosate sono anche le varie forme di ripetizioni o consonanze di parole e suoni (sillabe, fonemi e altro): la parola celeste (qui, usata nel senso di “divina, superiore all’uomo”), che richiama la chiara luce del cielo in contrapposizione al buio della morte, viene ripetuta per sottolineare l'importanza attribuita alla corrispondenza d'amorosi sensi, e per analogo motivo è ripetuto il verbo vive (ai versi 27 e 32), vera e propria parola-chiave del testo, il quale tratta della morte ma ha come tema centrale la vita e l'amore; qua e là sono sparse allitterazioni e assonanze che ottengono un effetto di grande armonia musicale, pur in assenza delle rime. Per esempio, si richiamano musicalmente fra loro: vive con nutriva, reliquie con renda (e si tratta di due parole consecutive); sono in assonanza nembi e serbi, in consonanza arbore e ombre (che contengono molti fonemi identici), in allitterazione grembo e nembi: e sono solo alcuni esempi.

c. Le figure retoriche

Ardite e affascinanti sono le numerose metafore.

L'espressione vive sotterra, che si può considerare un ossimoro, sintetizza il tema dei versi analizzati, ponendo l'interrogativo centrale in essi affrontato: come è possibile sopravvivere alla morte? La metafora, infatti, riappare anche successivamente: si vive con l'amico estinto / e l'estinto con noi...

Gli sarà muta l'armonia del giorno è una bellissima metafora, che contiene anche una sinestesia: al giorno, cioè alla luce della vita, viene attribuita un'armonia, cioè un suono, che tace (sarà muta) per chi è sotterra.

Numerose sono anche le personificazioni: alla terra natia, dal verso 33 in avanti, sono attribuite le caratteristiche di una madre, al sasso (la pietra tombale, che conserva il nome) quelle del padre: come non pensare al fatto che in questa doppia personificazione si riflette il rapporto con i genitori che il Foscolo ebbe realmente?

Vanno, infine, sottolineati gli influssi neoclassici, numerosi ma non sovrabbondanti (come invece erano, per esempio, nei testi del Monti). Essi vanno da termini come cenere (che richiama l'uso della cremazione nel mondo classico) al latinismo arbore al femminile, che contribuisce a rendere materna anche quella profumata e gentile presenza. E' d'ispirazione classica, in generale, l'armoniosa modulazione ritmica della musica dei versi.