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Scendendo dall’Adriatico, lo sguardo del viaggiatore in fuga verso il mare viene rapito da strane architetture in legno, dalle cui antenne lanciate verso il mare penzolano reti di incredibili dimensioni; spostando lo sguardo, il più delle volte scorge alle spalle una torre saracena. Proseguendo di punta in punta, lo spettacolo si rinnova generando curiosità e meraviglia quanto più ci si avvicina alla ragnatela dei pali emergenti a pelo d’acqua con la plasticità e la nettezza del profilo che trasfigura il litorale. Nato in tempi lontani dall’esigenza di fronteggiare il mare infido tenendo i piedi ben piantati per terra, assurge oggi al ruolo di testimonianza mirabile dell’ingegno umano proteso alla soluzione ottimale dei problemi materiali, come quello di procurarsi di che vivere in sicurezza, a debita distanza da un mare amaro per la sua energia distruttiva a più riprese sperimentata nei naufragi e per la presenza saracena, costante pericolo per i pescatori dei secoli passati. Questi rudimentali ed atipici strumenti di pesca, costruiti con tecniche empiriche da uomini semplici, oggi sembrano voler raccontare a noi uomini moderni l’atavica poesia di un tempo ormai dissolto, popolato da gente dall’animo vergine, come vergini e intatti erano la natura e l’ambiente Garganico, prima che l’insana febbre del turismo ottenebrasse le menti e i cuori protesi esclusivamente all’affare. A saperlo ascoltare, il trabucco ci parla della favola antica della antica lotta tra l’uomo e il gigante infido, amato quanto temuto; evoca alla nostra distratta memoria la fierezza, la costanza, la rudezza del marinaio garganico chiuso nello scabro silenzio che accompagna la fatica. Un mondo che non può essere riesumato in un’improponibile operazione nostalgica, la cui essenza opera, però, dentro di noi, ammonendoci sull’importanza del rispetto dei delicati equilibri naturali, scrupolosamente osservati dagli antichi.
Strutture come i Trabucchi del Gargano, frutto delle ingegnosità dei pescatori di un tempo, impegnati nel dare alla pesca una sicurezza non minacciata dalle avverse condizioni del mare, rappresentano un felicissimo esempio di osmosi tra uomo e natura. Vero e proprio miracolo dell’intelligenza umana, i trabucchi sono l’equipollente testimonianza della fatica dell’uomo per fronteggiare l’energia e i pericoli del mare; quelle nere travi, erose dal mare, ci parlano dell’inesausta lotta per la sopravvivenza in una terra non sempre generosa. Sopravvissuti perfino alla corsa dissennata al mattone che ha snaturato le coste garganiche, questi suggestivi “manufatti” si protendono in tutta la loro selvaggia bellezza nell’azzurro del mare, quasi a sfidare e sfuggire l’arrogante avanzata del cemento con i segni inequivocabili delle nuove e ben più remunerative attività. Tanto più miracolosa sembra questa sopravvivenza, in una terra dove le testimonianze delle attività tradizionali si assottigliano sempre di più, per una progressiva quanto inquietante “erosione del sapere”.
Rilegati dopo tanta vitalità ad un ruolo marginale, relitti di un mondo eclissatosi per sempre tanto da sembrare destinati all’oblio e l’abbandono tra l’indifferenza colpevole e lo scetticismo di chi li giudica obsoleti relitti di un tempo ormai perduto, tornano a vivere una nuova stagione, in virtù dell’innegabile valore paesaggistico, oltre che di testimonianza di una cultura materiale replicati per secoli.
L'Ente Parco Nazionale del Gargano, recependo appieno le istanze di Italia Nostra, WWF e Lagambiente, si è reso promotore di un intervento di recupero e valorizzazione che si spera, restituirà ai trabucchi una nuova vitalità. Per dare concretezza alle dichiarazioni di intenti, è nata l’Associazione “I Trabucchi del Gargano” , formata dagli stessi trabuccolanti i quali saranno parte attiva nell’opera di restauro e di ricostruzione che richiederà, oltre che competenze ed energie umane, un consistente impegno finanziario sostenuto, si auspica, da tutte le componenti sociali, istituzionali e non.
Pina Cutolo
Presidente Associazione “I Trabucchi del Gargano”
Rincorrendo in auto o in treno, la S.S. 16, che costeggia il litorale adriatico, capita di notare, nel tratto Abruzzese – Molisano, una selva di pali che emergono lungo la riva. Per molti costituiscono una curiosità senza risposta, per alcuni sono quel che resta di un antico strumento di pesca.
I locali li chiamano Trabocchi .
Anche sulla costa garganica, sul tratto che va da Peschici a Vieste, ci sono strumenti simili. Da queste parti li chiamano Trabucchi. Dal punto di vista estetico, poche sono le differenze tra i due congegni da pesca, dal momento che entrambi sono costruiti in legno e posti sul mare, ma dal punto di vista funzionale essi seguono altri movimenti, quindi a loro volta, altri principi fisici. Altri ancora li possiamo trovare in Romagna o nelle zone di Sabaudia, S. Felice Circeo, Foce Verde in prov. di Latina; si chiamano Bilancini e sono posti allo sbocco di un canale o di un fiume.
Il termine “Trabucco” è perfettamente dialettale, ma ha seguito una certa italianizzazione; si pensa derivi dal latino “ Trabs - Trabis” che significa legno, trave o albero. L’affinità al termine latino è accettabile poiché il Trabucco è un sistema quasi interamente costruito in legno, quindi di alberi e travi. Per altri, il termine trabucco, ha altre derivazioni:
Dal provenzale
“Trabucar” che significa riversare, trasferire;
Dal nome di una
macchina bellica del 1500, la catapulta, chiamata trabocco o trabucco che
scagliava e quindi trasferiva pietre e fuco. Così analogamente anche il pesce
viene trasferito dal mare alla terra.
Dalla parola francese “trabuchet”,
cioè “trappola”, nel senso di insidia, tranello, inganno, trabocchetto, come
sostiene la maggior parte dei pescatori.
Per dirla con le parole del titolo di un libro dell’architetto americano Bernard Rudofsky, il trabucco è un’architettura senza architetto, unica al mondo, molto raffinata e ben congegnata, pur essendo una struttura molto semplice e primitiva. Esso si può infatti definire un miracolo dell’architettura, creato da gente comune che ha applicato, senza conoscerle, le leggi statiche e dinamiche della fisica, facendo prevalere alle nozioni, la pratica, il buon senso e l’esperienza.
Praticamente il trabucco è un congegno ben ancorato sulla roccia a picco sul mare costituito da pali, corde, fili di ferro, antenne protese e argani, che la fantasia e l’esperienza degli antichi trabucchisti sono riusciti a congegnare per permettere alla rete calata in mare di pescare più pesci possibili.
Il trabucco garganico non nasce per caso: origina dalla lunga osservazione del movimento migratorio del pesce di ogni specie lunga la costa. Quando ci si è resi conto che enormi branchi di cefali lasciavano in autunno le acque salmastre dei laghi di Lesina e di Varano (vedi cartina C), per raggiungere le numerose cale di acqua profonda della Testa del Gargano, (ricchissima di anfratti, scogli e grotte, vedi cartina C), per svernare e riprodursi, molti pescatori garganici pensano di progettare un marchingegno atto a catturare tutto questo ben di Dio. Mancano però i mezzi tecnici necessari per realizzarlo. E’ vero che i pesci si muovono a non più di dieci metri dalla costa, per evitare di essere mangiati dai delfini che li attendono al largo, ma, per prenderli occorreva una grande rete e materiali particolarmente resistenti. Il problema è stato risolto con l’entrata in commercio del filo di ferro che non poteva essere surrogato né dalle funi né dai cavi in acciaio che erano soggetti a distendersi se erano sottoposti a forti tensioni; ciò avrebbe comportato inevitabilmente la frattura e la caduta di entrambi le antenne. Nasce così il trabucco nella seconda metà dell’ottocento. Questa struttura da pesca viene creata sicuramente per salvaguardare la sicurezza dei pescatori del trabucco che così non possono mai essere sorpresi dalle tempeste o da violente mareggiate; al massimo il danno che si poteva subire era la distruzione delle reti e di alcuni pezzi dell’architettura, ma non la perdita della vita!
Ricordiamo, peraltro, che sino a qualche decina di anni fa , il trabucco è stato l’unico sostentamento per tante famiglie nella zona considerata.
Legnane, corde di canapa, fili di ferro e tantissimi chiodi.
Da un mese a quaranta giorni, avvalendosi di diversi operai.
La posizione è molto importante per la costruzione di un trabucco e la sua scelta non è casuale. Prima di costruire e definire su un punto della roccia il trabucco, si fanno varie prove, lo si piazza in una posizione e in breve tempo, si sposta, prima un po' più a destra poi un po' più a sinistra, fino a quando non si trova il punto migliore per la pesca. Fatto questo, il trabucco segue la sua evoluzione: veniva fabbricata la casetta in legno o in muratura, viene attrezzato così, di tutte le comodità accessoriali utili alla pesca. Oggi per esempio, chi vuole costruire un trabucco,una volta superata la prassi burocratica, cerca di piazzarlo nel punto in cui precedentemente ne esisteva un altro, avvalendosi così dell’esperienza dei vecchi pescatori. La posizione è determinata dal tipo di pesca che si vuol fare; infatti alcuni pesci vengono influenzati delle correnti. Volendo fare un determinato tipo di pesca, si cerca un punto dove non esistono correnti che possano dar fastidio. In base alla posizione, i trabucchi si dividono in:
· TRABUCCHI DI MAESTRO
· TRABUCCHI DI LEVANTE
Il TRABUCCO DI MAESTRO pesca dalla parte ovest, quello di levante dalla parte est. Per spiegare questo concetto bisogna premettere ( sarà spiegato meglio in seguito) che il trabucco ha una rete formata da quattro lati,di cui uno resta in fondo al mare, gli altri tre vengono tenuti all'altezza di un metro circa dal livello del mare. Il lato che viene tenuto in fondo è considerato l'entrata del pesce. Se l'entrata volge ad est, il trabucco dicesi di levante, se volge ad ovest, dicesi di maestro. Anche l'entrata si definisce durante il periodo di prova, quando si sperimenta la posizione. Deduciamo, quindi, che avendo una punta in mezzo al mare, con due trabucchi che pescano sulla stessa retta d'azione, quello posto alla sinistra sarà un trabucco di maestro, quello alla destra un trabucco di levante, per le motivazioni innanzi citate. Dal momento che i pesci sono condizionati dalle correnti, il trabucco di maestro pescherà più pesce rispetto a quello di levante se spinge il maestrale e viceversa se spinge il levante. Prendiamo come esempio i due trabucchi che si trovano nella Baia di Manaccore a Peschici: il primo è un trabucco di levante, il secondo è di maestro. Il primo si definisce tale perchè il passaggio del pesce avviene da est, attraverso il centro della baia, fino alla costa opposta, quindi, il pesce entra nella rete dalla parte destra; il secondo, perchè il pesce arriva da ovest, s'addentra nella baia, raggiunge la costa opposta ed entra nella rete dalla parte sinistra.