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Ugo
Foscolo Le opere principali |
Le ultime lettere di Jacopo Ortis
Le ultime
lettere di Jacopo Ortis ,romanzo epistolare, è pubblicato in tre versioni: la prima, edita a
Bologna nel 1798, risulta interrotta e completata con altro titolo dallo
scrittore bolognese Angelo Sassoli; la seconda esce a Milano nel 1801 a spese
dell’autore; la terza e definitiva, a Zurigo nel 1816, pur recando
l’indicazione “Londra 1814”.
L’opera è costituita da una serie di lettere che
l'autore finge siano scritte dal protagonista, Jacopo Ortis, all’amico Lorenzo
Alderani, che nel romanzo commenta le missive.
Questa, in sintesi, la trama.
Dopo il trattato di Campoformio del 1797, con cui Napoleone cede Venezia agli Austriaci, il patriota Jacopo Ortis deve fuggire dalla città e si rifugia sui Colli Euganei. Qui s’innamora perdutamente della giovane Teresa, che è però già promessa a un altro, il ricco Odoardo: Jacopo, squattrinato e fuggiasco, non può chiederle di condividere una misera esistenza da profugo. Ortis si mette in viaggio senza meta per l'Italia, e lo angosciano lo spettacolo di un popolo in decadenza, incapace di risollevarsi e di avere ideali, e le delusioni della politica, esemplificate dal tradimento di Napoleone nei confronti di Venezia. Dopo aver saputo che Teresa ha sposato Odoardo, ormai disperato per il crollo di tutti i suoi ideali, Jacopo si uccide.
L'opera è autobiografica, ed evidenzia uno dei temi
chiave del pensiero del Foscolo: per lo scrittore, che non è religioso e non
crede in alcuna forma di sopravvivenza dell’anima oltre la morte, l'uomo, per
vivere, ha bisogno di ideali (i più importanti, in questo romanzo, sono l'amore
e la passione politica); analizzati dalla ragione, essi si rivelano illusioni,
ma il cuore non può rinunciarvi: se vengono meno, la vita perde, infatti, ogni
significato. Fra gli scritti del Foscolo, questo romanzo appare il più
tipicamente romantico: tale è, infatti, la figura dell'eroe ardente di passione
e di profondi sentimenti che si scontra con la crudeltà della vita e ne esce
sconfitto. Un romanzo epistolare tedesco ha influenzato Foscolo nella stesura: I
dolori del giovane Werther di Goethe. pubblicato
poco più di vent'anni prima (anche in quest'opera, protagonista è un giovane
che, deluso in amore, si suicida).
Le Odi e i Sonetti
I più importanti testi poetici brevi dello scrittore
– due odi e otto sonetti – sono pubblicati insieme per la prima volta nel
1802, con il titolo Poesie di Ugo Foscolo,
nel “Nuovo giornale dei letterati” di Pisa.
Il NeoclassicismoIl Neoclassicismo è una concezione artistica
diffusasi in Europa nella seconda metà del Settecento, presente anche
nell’architettura e nelle arti figurative. Esso considera valore supremo la
bellezza, intesa come equilibrio e armoniosa perfezione, e ritiene che il mondo
classico greco e latino abbia saputo esprimerla in modo insuperabile: compito
dell'artista è, perciò, imitare i classici e riproporne i modelli e i miti.
Principale teorico del Neoclassicismo è l'archeologo e scrittore
austriaco Winckelmann: egli pubblica la sua opera più importante, Storia
dell’arte nell’antichità, nel 1764, entusiasmato dallo splendore delle
opere riportate alla luce dagli scavi di Ercolano e dalla bellezza dei
capolavori dell'arte classica ammirati in Italia. Ecco, qui di seguito, un esempio di passo di stampo
tipicamente neoclassico (si tratta dei versi iniziali dell'ode di Ugo Foscolo All'amica
risanata): Qual dagli
antri marini l'astro più
caro a Venere co' rugiadosi
crini fra le
fuggienti tenebre appare, e il
suo viaggio orna col lume
dell'eterno raggio; sorgon così
tue dive membra
dall'egro talamo, e in te beltà
rivive; l'aurea beltate,
ond'ebbero ristoro unico
a' mali le nate a
vaneggiar menti mortali. (Questa
la parafrasi: Come, dalle profondità
del mare, l'astro più caro a Venere, ossia il pianeta che porta il nome della
dea, coi raggi simili a capelli bagnati, mentre le tenebre si dileguano, appare,
e con la luce del raggio eterno del sole abbellisce il suo viaggio; così il tuo
divino corpo si leva dal letto da malata e la bellezza rivive in te; la stupenda
bellezza, che le menti dei mortali, generati per seguire cose vane, ebbero come
unico ristoro ai mali della vita). Gli elementi tipicamente neoclassici presenti in
questi versi sono: - il grande valore attribuito alla bellezza intesa
come armonia (tema che risale alla poesia classica); - il riferimento alla mitologia greca (la dea
Venere); - la struttura della similitudine, che ricorda quelle
omeriche; - la metrica, il ritmo e il linguaggio, che
richiamano quelli delle odi scritte dal principale poeta neoclassico italiano,
Vincenzo Monti, che fu per Foscolo maestro e amico (prima che i due scrittori si
separassero dopo un aspro litigio). |
Gli otto Sonetti,
capolavori della letteratura italiana di ogni tempo, si caratterizzano per
la capacità di integrare armoniosamente temi e concezioni illuministici e romantici
e modalità espressive e stilistiche neoclassiche e romantiche.
Uno fra gli esempi più evidenti di questo felice
incontro fra i due gusti e stili è rappresentato dal sonetto A
Zacinto. Eccone, qui di seguito, il testo, la costruzione (riordino della struttura logica delle frasi, la
parafrasi e il commento).
1
4 3 2
5
Né / più / mai / toccherò / le sacre sponde /
6
ove il mio corpo fanciulletto giacque /
7
8
Zacinto mia, / che te specchi nell'onde /
9 11
10 12
15 14
del / greco / mar /, da cui / vergine / nacque /
13
16 18
17
Venere, / e féa / quell'isole / feconde /
19
20
21
col suo primo sorriso, / onde / non tacque /
22
le tue limpide nubi e le tue fronde /
23
25
l'inclito verso di colui che / l'acque /
24
26
27
cantò / fatali, / ed il diverso esiglio, /
28
30
per cui / bello di fama e di sventura /
31
29
baciò la sua petrosa Itaca / Ulisse.
36
37 39 40
38
41
Tu / non / altro / che il canto / avrai / del figlio,
/
32
35
33 34
44
43
o / materna / mia / terra, / a noi / prescrisse /
42
46 45
il fato / illacrimata / sepoltura.
Questa la parafrasi:
Non toccherò mai più le sacre rive dove il mio corpo di fanciullo riposò, o
mia Zacinto, che ti specchi nelle onde del mare della Grecia, dal quale Venere
nacque vergine., e rese feconde quelle isole col suo primo sorriso , per cui
scrisse delle tue limpide nubi e della tua vegetazione, il famoso verso del
poeta Omero, colui che, nell'Odissea,
cantò i viaggi per mare voluti dal Fato e l’esilio in mille luoghi diversi,
attraverso cui Ulisse, reso bello dalla gloria e dalla sventura, infine baciò
la pietrosa isola di Itaca, sua terra natia. O Zacinto, mia terra materna, tu
invece non avrai altro che questo canto scritto da tuo figlio, perché il
destino ha stabilito per me una sepoltura senza il compianto delle persone care.
Questo il commento.
Nel breve componimento, dapprima il poeta si rivolge alla sua isola natia,
situata nel greco mar, e ne esalta la
bellezza ricorrendo a miti classici: fu infatti, egli scrive, il primo sorriso
della dea Venere, nata dalle onde di quel mare, a rendere stupende le limpide
nubi e le fronde di Zacinto, della quale parlò anche Omero quando narrò il
viaggio dopo il quale, bello di fama e di sventura (ecco un tema romantico),
Ulisse poté tornare a Itaca, la sua isola. In questa prima parte, il sonetto è
sviluppato in un'armoniosa atmosfera di sogno, evocata anche dal ripetersi delle
rime -onde / -acque
e dai numerosi
Tu non altro
che il canto avrai del figlio,
o materna mia
terra, a noi prescrisse
il fato
illacrimata sepoltura.
I Sepolcri
Il carme Dei
sepolcri, un'ampia composizione poetica di 295 endecasillabi sciolti
pubblicata nel 1807, è generalmente considerato il capolavoro del Foscolo. Esso
è dedicato all'amico poeta Ippolito Pindemonte, al quale il testo direttamente
si rivolge: Vero è ben, Pindemonte! anche
la Speme / ultima dea, fugge i sepolcri; e involve / tutte cose l'Oblìo nella
sua notte (“Così è, Pindemonte: anche la Speranza, ultima dea, abbandona
i sepolcri, e la Dimenticanza avvolge ogni cosa nella sua oscurità”).
Nel componimento, il Foscolo ribadisce la propria
convinzione materialistica e atea, derivata dalla filosofia dell’Illuminismo:
non c'è alcuna forma di sopravvivenza dell'anima oltre la morte: anche la
Speranza (la Speme) abbandona le tombe e i defunti, e la Dimenticanza (l'Oblìo)
cancella ogni traccia delle persone scomparse. Perciò i sepolcri, argomenta il
poeta, sembrano, a una riflessione razionale, qualcosa di insignificante. Ma
subito dopo egli smentisce tale affermazione: infatti, attraverso la vicinanza
delle persone ai propri cari defunti, egli afferma, in qualche modo l'uomo
sopravvive alla morte, continuando a vivere nel ricordo e nell'affetto dei vivi.
A tener desto questo ricordo serve il sepolcro: inoltre, esso segnala coloro che
hanno bene operato, educando ad agire bene. Le urne dei forti (come quelle dei grandi Italiani sepolti nella chiesa
di Santa Croce a Firenze) spingono gli animi nobili a compiere egregie cose, e
dunque sono indispensabili agli individui e, soprattutto, ai popoli per
ritrovare fiducia in se stessi nei momenti difficili. Ciò vale per gli Italiani
come per i Greci (due popoli che, al tempo in cui il carme è stato composto,
giacevano sotto il dominio dello straniero). L'autore esprime poi la propria
stima verso gli uomini che hanno vissuto operando bene: dopo la morte essi,
anche grazie alla memoria tramandata dal sepolcro,
E tu onore di
pianti, Ettore, avrai
ove fia santo e
lagrimato il sangue
per la patria
versato, e finché il sole
risplenderà
sulle sciagure umane.
Questi gli ultimi versi del carme, il cui tema
ispiratore può risultare ancora più chiaro se ripensiamo al Foscolo ancora
fanciullo che, davanti alla tomba del padre scomparso prematuramente, di certo
si era interrogato con angoscia sul mistero della morte.
Nei Sepolcri
i temi e le caratteristiche stilistiche neoclassiche e romantiche appaiono
compresenti e fusi armoniosamente.
Il Didimo Chierico
Un Anonimo, usando lo stile con cui si dà notizia di
letterati, presenta Didimo Chierico, traduttore dell'inglese Sterne (un cui
libro, dallo stile ironico, il Foscolo ha realmente tradotto). Didimo è dipinto
come una persona capace di ridere ironicamente dei molti mali del mondo:
egli stimava fra le doti naturali all'uomo primamente la bellezza, poi la forza
dell'animo, ultimo l'ingegno: ma anche di queste sue sentenze filosofiche finiva
per sorridere.
Attraverso Didimo Chierico, lo scrittore dipinge un
altro autoritratto: il protagonista è un Ortis più dingannato che rinsavito.
Gli ideali di questo personaggio sono simili a quelli del giovanile eroe
romantico: ma allo spirito tragico di Jacopo, che lo conduce al suicidio, qui si
sostituisce l'amaro sorriso di un uomo distaccato e disilluso, che scuote il
capo ironicamente sui difetti del mondo e anche sui propri. E' evidente
l'influenza dello Sterne, i cui romanzi hanno aspetti anche stilisticamente
simili a quelli espressi nella Notizia.
Lo Sterne non è, infatti, un romantico: egli guarda ai mali della vita e ai
difetti umani con un sorridente, anche se un po' malinconico, umorismo.
Le Grazie
I frammenti del poema allegorico Le
Grazie rappresentano le parti ultimate di un'opera in versi che avrebbe
dovuto rappresentare un punto d'arrivo nella concezione della vita e nell'arte
del Foscolo. Come il sommario fa comprendere, il poeta intendeva esaltare,
attraverso figure della mitologia classica, la Natura universale che ha generato
ogni cosa (la dea Venere), il focolare domestico (la dea Vesta) e l'ingegno (la
dea Pallade Atena). Alle Grazie, simbolo della bellezza, viene attribuita una
funzione civilizzatrice: la loro apparizione permette ai primitivi uomini
feroci, schiavi della passione e degli istinti, di ingentilirsi:
(...) e solo
quando apparian
le Grazie, i cacciatori
e le vergini
squallide (le giovani rozze), e i fanciulli
l'arco e 'l
terror deponean, ammirando.
Al centro di quest'opera incompiuta sta il messaggio
conclusivo del Foscolo, tutto rivolto contro la violenza, istinto bestiale
sempre pronto a risorgere nell'uomo:
Quindi in noi serpe, ahi miseri, un natio
delirar di
battaglia, e se pietose
nol placano le
Dee, spesso riarde
ostentando
trofeo l'ossa fraterne.
(“In noi sventurati uomini serpeggia un'istintiva e
delirante spinta a combatterci e, anche se le Grazie pietose la placano, essa
spesso si riaccende e ci spinge a uccidere i fratelli per mostrare come glorioso
trofeo le
Nell'ampio passo in cui si descrive il velo tessuto
per le Grazie sono rappresentati i valori cui il poeta è approdato negli ultimi
anni della vita: la riscoperta dell'importanza degli affetti familiari,
dell'amore non passionale ma coniugale, della solidarietà e dell'amicizia.
In alcuni frammenti del poema (spesso costituiti da
pochissimi versi) il Foscolo raggiunge, sul piano formale, una suggestiva
capacità di evocare e creare una mirabile armonia ritmico-musicale, ispirata al
gusto neoclassico, reinterpretato però in modo molto originale.