4. Il fascismo al potere
Di Paolo Inversini
Il prezzo della vittoria della guerra del 1915-18 per l'Italia è alto sia in campo economico che umano e crea disoccupazione e svalutazione della lira. Gli scioperi avvenuti nel 1918-20 e guidati dai socialisti, ottengono importanti risultati, trovando nel debole governo Nitti un alleato politico. Il disagio sociale riguarda non solo le fasce meno abbienti ma anche il ceto medio. Il clima di tensione aumenta ancora in quanto i nazionalisti contestano il trattamento subito dall'Italia nel trattato di pace di Versailles; da qui nasce il mito della "vittoria mutilata".
Nel 1919, alle elezioni, con sistema proporzionale, si verifica la netta affermazione del Partito Socialista e del Partito Popolare. Di fronte a una concezione neutrale del ruolo dello Stato, tipica dei Liberali del tempo, molti ricchi imprenditori ed agrari trovano nel Fascismo la soluzione al violento scontro con le classi subalterne. In un primo momento gli agrari credono di potere usare il Fascismo (il cui capo è Mussolini, espulso dai Socialisti perché interventista) come "esercito privato" per ristabilire l'ordine nelle campagne. Negli anni 1921-22 il Fascismo cresce di forza, facilitato anche dalle divisioni tra Socialisti e Popolari.
Dopo la "marcia su Roma", Mussolini viene nominato presidente del Consiglio e lo resterà fino al 1943.
Inizialmente il Fascismo non si presenta come un regime di tipo nuovo, poiché Mussolini è appoggiato dai Partiti di centro, ma, verso il 1924-25, prende la sua vera forma la dittatura a partito unico. La vittoria elettorale fascista alle elezioni viene contestata dal socialista riformista Matteotti che, dopo pochi giorni, è sequestrato ed ucciso. Dopo questo fatto, Mussolini approfitta dell'assenza dal Parlamento dell'opposizione, ritiratasi "sull'Aventino", per prendersi la responsabilità dell'accaduto e far approvare le leggi che fascistizzano lo Stato: inizia così la dittatura. Il potere esecutivo annulla ogni dissenso dalla vita politica e il "tribunale speciale" diventa lo strumento per far tacere l'opposizione: Partiti antifascisti e sindacati vengono sciolti, il diritto di sciopero è vietato. La libertà di contrattazione fra le parti sociali viene abolita e sostituita con un regime corporativo. La politica economica, dapprima liberista, diventa dirigista, in quanto determinata dalle decisioni del Partito fascista e, in ultima analisi, di Mussolini. Il rapporto tra potere politico e economico genera un modello di stato assistenziale ma autoritario.
La politica coloniale riprende con forza, dando vita all'impero di Etiopia, dopo la conquista, nel 1935, dello Stato africano, membro della Società delle Nazioni. L'ambizioso progetto della fascistizzazione integrale della società italiana rimane però illusorio e irrealizzato. L'opposizione al Fascismo di molti Italiani si manifesta anche dopo la persecuzione, la condanna al confino, l'incarcerazione e l'assassinio degli esponenti antifascisti. Dopo la restaurazione della dittatura nasce in Francia, in esilio, la concentrazione d'azione antifascista. I partiti più attivi sono quello liberalsocialista di "Giustizia e Libertà" e quello comunista.