12. Dalla Guerra Fredda alla coesistenza
Di Massimiliano Gazzoni
Alla fase più acuta della “guerra fredda” fra USA e URSS segue un periodo, cosiddetto di “coesistenza pacifica”, nel quale i rapporti fra i due blocchi politico - militari si distendono. Ciò non significa la fine del bipolarismo, ma un cambiamento di prospettiva e uno spostamento della “coesistenza” in tutte le aree del mondo in cui c’è stato un processo di decolonizzazione. Questo spostamento comporta nuove responsabilità economiche, politiche e militari per entrambe le parti. Inoltre, entra in causa una nuova realtà: quella della bomba atomica, posseduta da entrambi gli schieramenti, con rischio di una possibile guerra nucleare.
In Unione sovietica, alla metà degli anni Cinquanta, a Stalin subentra Kruscev, che nel XX Congresso del PCUS denuncia i crimini e le stragi del dittatore. Nei Paesi satelliti il malcontento sfocia in rivolte: la più grave si verifica in Ungheria (1956) ed è soffocata dall'intervento dei carri armati sovietici.
Il rapporto fra USA e URSS, dopo le prime aperture ("il disgelo"), peggiora quando Cuba, trasformatasi in paese socialista dopo una rivoluzione inizialmente democratica, guidata da Fidel Castro e "Che" Guevara, decide, negli anni sessanta, di ospitare basi missilistiche sovietiche. In seguito a ciò, il presidente americano Kennedy attua il blocco navale dell’isola. La decisione di Kruscev di ritirare i missili attenua infine la tensione. Il periodo della distensione continua fino al punto da dare inizio ad un nuovo equilibrio: l’equilibrio detto del terrore.
Con la presidenza di Eisenhower l’economia americana, che aveva avuto una crisi dopo la Guerra Mondiale, aveva ripreso a crescere a pieno ritmo. Con la presidenza Kennedy, negli anni Sessanta, si ha negli USA una politica di equilibrio fra tendenza alla coesistenza pacifica e all’espansione statunitense nelle zone contese dal sistema socialista. Dopo l’assassinio di Kennedy, il cui mandante è rimasto ignoto, questo tipo di politica viene ripresa dal suo successore Johnson, che favorisce l’integrazione razziale dei neri americani (vittima della battaglia è il leader non - violento degli afroamericani, Martin Luther King, assassinato a tradimento).
Gli anni Sessanta si chiudono però segnando una crisi, causata soprattutto dalla guerra del Vietnam.
In Russia, nel decennio, Kruscev attua anche una riforma nel sistema economico, che prevede un minore controllo dello Stato sulla società, con l’obiettivo di vincere la competizione economica con gli USA. Sono gli anni in cui, anche per incoraggiamento di papa Giovanni XXIII, la competizione fra USA e URSS si sposta dal terreno militare a quello economico e alla gara per le conquista spaziali (nel 1969 si verifica lo storico sbarco americano sulla Luna). Tutto ciò però è reso vano dalla salita al potere di Breznev che riporta la politica russa al passato, ovvero ai tempi di Stalin.
I comunisti cinesi, nel frattempo, avviano una modernizzazione del Paese con una riforma agraria e lo sviluppo industriale. Leader di questa modernizzazione è Mao Tse-Tung che, nel tentativo di realizzare un ulteriore progresso e di battere gli avversari nel Partito comunista, con la “rivoluzione culturale” provoca profondi danni nella vita economica del Paese. Dopo un decennio di alleanza tra Cina e URSS, i rapporti fra le due nazioni si allentano fino a rompersi: si verificano anche scontri armati sui confini. Ciò è dovuto alle differenti idee sull’interpretazione del marxismo. A partire dagli anni Settanta, la Cina inizia ad avere rapporti con l’Occidente, in funzione anti-sovietica.
Grazie agli accordi di Yalta del 1945, l’URSS ha il controllo di una fascia di territorio che le permette di avere influenza politica su molti Paesi dell’Europa orientale. Ciò, però, non riesce ad evitare differenze economiche tra i vari Stati del blocco sovietico; alcuni Paesi, come la Cecoslovacchia e Germania, hanno un apparato industriale sviluppato mentre, al contrario, i Paesi slavi non ne sono provvisti. Dalla fine della guerra, l’URSS impone la formazione di regimi comunisti a partito unico, anche con colpi di stato. Con l’istituzione del “Consiglio di mutua assistenza economica” (COMECON), fondato sulla convertibilità del rublo, l’URSS cerca di contrastare la forza economica del blocco occidentale. Le superpotenza comunista istituisce inoltre l'alleanza militare del "Patto di Varsavia" e cerca di tenere testa agli USA orientando la produzione verso l’industria militare; ciò crea però un grande squilibrio tecnologico nei confronti degli occidentali e una penuria di beni di consumo. Negli anni Cinquanta, scoppiano moti insurrezionali nei Paesi del blocco sovietico in seguito alla “destalinizzazione” intrapresa da Kruscev: le rivolte vengono però represse dall’esercito sovietico ( in modo particolarmente sanguinoso quella ungherese del 1956). Il “disgelo” verso l’Occidente conosce un altro arresto nel Sessantotto, in seguito alla guerra del Vietnam, che verrà però infine vinta dai "vietcong" di Ho - Chi - Minh sostenuti dal Nord comunista e dalla Cina, nonostante il massiccio intervento (centinaia di migliaia di uomini) dell'esercito americano.
Nel frattempo, sempre negli anni sessanta, si verifica la repressione, ad opera dei carri armati sovietici, di un tentativo di riforma all’interno del regime cecoslovacco, mirante a costruire un “socialismo dal volto umano” durante la “primavera di Praga”, guidata dal socialista riformista Dubcek. In tale occasione, per la prima volta, i Comunisti italiani condannano l’invasione sovietica, prendendo decisamente le distanze dall'URSS e ponendosi alla testa del cosiddetto "eurocomunismo" che vuole realizzare il programma comunista all'interno del sistema democratico.