15. Il mondo dopo gli anni ottanta 

Di Francesco Galantino

Negli anni Ottanta, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti prevale un orientamento neoliberista dopo la crisi del bilancio statale degli anni Settanta, dovuta all’eccesso di stanziamenti per la spesa pubblica. Negli Stati Uniti, il “reaganismo” (politica del presidente Reagan) compie un risanamento economico che comprime la spesa pubblica e riduce le tasse e i vincoli sulle imprese. La politica reaganiana rilancia l’economia del Paese ma peggiora le condizioni di vita dei ceti medio-bassi.

Gran Bretagna, Francia e Germania conoscono la crisi del modello socialdemocratico; in Portogallo, in Grecia, in Spagna, cadono le ultime dittature fasciste insediatesi negli anni Trenta - Quaranta o (nella penisola ellenica) più recentemente.

Il Giappone diventa una grande potenza economica anche grazie all’occupazione statunitense (1945-52) che consente ai nipponici di conoscere il “modello americano”.

L’America latina conosce un processo di democratizzazione che porta alla caduta di molti regimi dittatoriali, ma l’atteggiamento statunitense di interventismo militare, laddove si instaurano regimi di orientamento socialista, mette in cattiva luce l’immagine internazionale degli Stati Uniti.

Il Medio Oriente diventa  focolaio di crisi internazionale per le tensioni etnico-religiose e la crisi arabo-israeliana; l’area, inoltre, interessa alle due superpotenze come regione strategica per l’approvvigionamento energetico, date le sue ricchezze petrolifere. L’Iran, dopo la caduta del regime autoritario e filo occidentale della Scià e l’instaurazione di una repubblica, diventa il baluardo del fondamentalismo islamico; per la prima volta una rivoluzione vittoriosa si caratterizza per valori religiosi e antioccidentali.

Finita la guerra del Vietnam (1973), l’Indocina torna a infiammarsi: il conflitto tra il Vietnam filosovietico e la Cambogia filocinese porta ad una nuova rottura nel fronte comunista mondiale.

La fine del bipolarismo si traduce in una nuova instabilità, particolarmente acuta nelle ex aree d’influenza sovietica; in molti Paesi si accende il conflitto, senza che l’Onu riesca a svolgere la sua funzione di “governo mondiale”. Gli Stati Uniti, negli anni Novanta, diventano l’unico perno degli equilibri planetari. La "guerra del Golfo" degli USA e dei loro alleati contro Saddam Hussein, leader dell’Iraq che ha invaso il Kuwait ricco di petrolio, dimostra la superiorità tecnologica degli Stati Uniti, ma anche l’inadeguatezza della soluzione militare dinanzi ai complessi problemi mediorientali. La questione arabo-israeliana, finita la “guerra fredda”, si complica; un processo di pace viene avviato nel 1993 a Washington, fra i laburisti israeliani Rabin e Peres e il leader palestinese Arafat. Rabin, nel 1995, cade però vittima nel 1995 di un attentato per mano di un giovane estremista israeliano che lo considera un traditore. Negli ultimi vent’anni, in molti Paesi arabi si espande il fenomeno del fondamentalismo islamico, che si manifesta in una dichiarata ostilità nei confronti del mondo occidentale, basata su una rigida e intollerante interpretazione dei principi dell’Islam: le frange estreme di alcuni di tali movimenti intraprendono la strada del terrorismo.