16. Il crollo del socialismo sovietico

Di Luca Beretta

Verso la fine degli anni ’90, il socialismo al potere attraversa una grave crisi, manifestatasi soprattutto in URSS e in Cina. Nel periodo del raffreddamento dei rapporti con gli USA,  l’URSS, guidata da Breznev, attraversa un periodo negativo dal punto di vista economico perché deve investire molti capitali nella corsa agli armamenti. Inoltre, la situazione economica è aggravata dalla terza rivoluzione industriale, basata sull’informatica, in atto in Occidente. In seguito sale al potere un giovane dirigente, Gorbacev, che promuove una profonda opera di ristrutturazione politico-economica, detta “perestrojka”. L’obiettivo di Gorbacev è quello di effettuare una riforma democratica, di stabilire un rapporto di amicizia con i Paesi occidentali e di porre termine alla folle corsa agli armamenti.

La politica di Gorbacev, però, fallisce, in quanto la popolazione, timorosa, non riesce ad adeguarsi al nuovo corso, l’esercito è contrariato e gli Stati da cui è composta l’Urss reclamano l’indipendenza. Proprio questi Stati, in un primo momento riuniti  nella Comunità degli Stati Indipendenti, mettono fuori gioco Gorbacev, scampato ad un precedente colpo di stato di ispirazione neo-stalinista. Sale così al potere l’ex presidente del parlamento russo, Boris Eltsin, che ha preso la testa del movimento per la democratizzazione dello Stato: per la prima volta dopo la Rivoluzione, in Russia si terranno, dopo qualche tempo, libere elezioni democratiche.

Anche in Cina il governo e l’economia si aprono agli Stati occidentali. Ciò nonostante, non avviene la liberalizzazione politica, e le proteste ( famosa quella degli studenti in piazza Tien-An-Men a Pechino) vengono soffocate con i carri armati. Intanto, in URSS continua il momento di crisi; in seguito alla fine del protettorato sovietico, nei paesi satelliti dell’Europa orientale, crollano le democrazie popolari. Soprattutto in Polonia, in seguito anche all’elezione del polacco Wojtyla come Papa, da tempo è in atto una tenace resistenza. Aggravatasi la crisi economica, il sindacato operaio Solidarnosc (“Solidarietà”), capitanato da Walesa, si oppone al regime comunista del generale  Jaruzelsky. Nonostante la proclamazione delle leggi marziali, il sindacato resiste e costringe il governo a indire, per la prima volta in un Paese dell’Est, libere elezioni. In queste elezioni il Partito comunista polacco è sconfitto e Walesa trionfa. Negli altri Paesi satelliti, come Ungheria, Bulgaria e Cecoslovacchia, la transizione al sistema democratico - parlamentare avviene in modo pacifico. In Romania, invece, scoppia una breve guerra civile che termina con la fucilazione del dittatore Ceausescu.

La disgregazione dell’Urss indebolisce la divisione tedesca. Nel 1990, dopo un assalto popolare al muro di Berlino, che sfocia nella sua distruzione, viene riunificata la Germania: è questo il simbolo della fine del periodo che ha visto il mondo diviso in due blocchi, ciascuno facente capo ad una delle due superpotenze (USA e URSS).