17. L'Italia dal dopoguerra al "miracolo economico"

Di Daniele Calì

Nel secondo dopoguerra, l’Italia, fragile sotto l’aspetto economico, deve fare i conti con la disoccupazione, il debito pubblico, la svalutazione della lira e l’inflazione. Ai tempi del governo di coalizione presieduto da Parri (il primo dopo la caduta del Fascismo), vi sono tre protagonisti della vita politica: la Democrazia cristiana, il Partito comunista e il Partito d’Azione, di orientamento liberal-socialista. Al governo Parri succede quello diretto dal democristiano De Gasperi; nel 1946 il referendum decide fra monarchia e repubblica. La votazione dà la vittoria alla Repubblica e costringe i Savoia all’esilio. In questo periodo comincia la ricostruzione economica, che vede scontrarsi un’idea basata sul libero mercato e sull’iniziativa privata, e una che sostiene il ruolo programmatore dello stato. La divergenza, unita al manifestarsi della "guerra fredda", porta alla rottura dell’unità antifascista e alla nascita del primo governo centrista a guida Dc: comunisti e socialisti, che erano anch’essi parte del governo Parri, passano all’opposizione.

In questi anni, l’Assemblea costituente vara la Costituzione repubblicana, che si fonda sul rifiuto del fascismo e si ispira ai valori e agli ideali delle maggiori forze politiche del Paese. Dopo la rottura dell’unità antifascista,alla fine degli anni Quaranta, la Dc controlla l’ordine pubblico, difende i valori cattolici, la proprietà privata e la libertà economica; il Partito è appoggiato dagli Stati Uniti e dal Vaticano. Il Fronte popolare socialcomunista propone un programma economico basato sul ruolo attivo dello Stato, sulle nazionalizzazioni delle maggiori industrie e sulla lotta ai monopoli. Nel 1948, dal sindacato Cgil si staccano Cisl e Uil; questa rottura provoca una fase di crisi nel movimento operaio.

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, inizia la fase del “miracolo economico “: aumenta la popolazione urbana, si sviluppa l’industria, avviene un’immigrazione interna dal Sud agricolo al Nord industralizzato dell’Italia; questo fenomeno, però, porta sì all’aumento dei redditi, ma a ciò non corrisponde il rinnovamento tecnologico industriale e l’ampliamento dei beni pubblici e sociali. Rimane irrisolto, in particolare, il problema del ritardo di sviluppo economico del Meridione, dove esistono gravi fenomeni, come la diffusione del potere mafioso.