Il Giardino Egizio
Può sembrare un paradosso che i primi giardini siano nati in mezzo alle sabbie aride dell’Egitto e della Mesopotamia, là dove la natura appare più ostile: sembra quasi che il desiderio di vedere fiorire il deserto abbia compiuto il miracolo della creazione del giardino.
E’ durante il Regno Nuovo (periodo compreso tra la XViii dinastia ed il 1200 a.c. ) che il giardino vive il suo momento di massimo splendore ed acquista le caratteristiche di complessità e ricchezza che costituiranno il preludio della diffusione della medesima forma d’arte nella Grecia classica e nella civiltà di Roma antica.
Concepito come luogo di svago ma sfruttato anche per la produzione di vino, frutta, verdura, dunque, con il carattere dell’orto, il giardino egiziano ci è pervenuto attraverso le testimonianze pittoriche degli affreschi ed i modellini ritrovati nelle tombe.
Esse ci informano inoltre sulla varietà e sulla ricchezza delle specie vegetali; nel giardino coesistevano piante ornamentali, come palme e tamerici e piante con carattere utilitario come fichi, melograni, mandorli e viti.
Il rigore geometrico, il calcolo matematico, l’attenzione alla composizione si ritrovano applicati, così per la produzione artistica dell’Antico Egitto, con la stessa cura, all’interno del giardino. Annesso ad edifici civili e religiosi, il giardino egizio si sviluppa in un area circondata da mura al riparo dalla sabbia del deserto e dalle piene del Nilo, in un ambiente intimo di cui è assicurata la protezione.
Il Giardino egizio, quindi, tende ad isolarsi dal contesto ostile che lo circonda ed assume la connotazione di un “dentro” rassicurante, regolare, ordinato, rigoglioso, caratterizzato dall’armonia dei colori, dalla disposizione matematica e dalla combinazione delle forme e delle dimensioni delle varie specie vegetali.
E’ nettamente separato dal deserto che costituisce il “fuori” caotico, assolato, irregolare ed arido.
In questo senso, con tale carattere di “sacralità”, esso costituisce la premessa dell’Hortus Conclusus medievale e, con la netta separazione tra la regola interna ed il caos esterno, anticipa quello che sarà uno dei caratteri principali del Giardino del Rinascimento.
Le mura perimetrali assumono una funzione psicologica, impedendo indiscrezioni esterne e definendo un ambiente intimo privato, riparato e separato.
Sono erette a protezione da eventuali scorribande di tribù ostili, di belve feroci o dai venti e dalle tempeste di sabbia.
Ai fiori e alle piante, che solitamente crescevano attorno a vasche d’acqua rettangolari colme di pesci e di fior di loto, veniva garantita una costante irrigazione secondo un sistema ancora in uso nelle campagne egiziane, detto SHADUF.
Non meno attenzione veniva dedicata all’estetica della composizione e alle combinazioni cromatiche dei vegetali.
Il Giardino Assiro-Babilonese
Situati nell’antica città di Babilonia, in Mesopotamia, vicino alla odierna Baghdad, i giardini “Pensili” ( dal latino pendere, essere sospesi) vengono costruiti intorno al 590 a.c. dal re NabucoDonosor in omaggio alla moglie persiana, la regina Semiramide, piena di nostalgia per le montagne e i boschi del suo lontano paese.
Trattasi di terrazze sovrapposte e di giardini in forma di piramide tronca, con uno strato di terra e percorse da canali d’irrigazione.
Un ingegnoso sistema di sollevamento porta l’acqua in un serbatoio posto sulla terrazza più alta; da qui ridiscende per irrigare i giardini sottostanti.
Su di esse vengono poste piante, principalmente palme.
Queste piazze verdi si ergono a piramide e rappresentano il piacere e il lusso, appannaggio del potere e della ricchezza.
Questi Horti Pensiles, che tanto affascinarono i Greci e i Romani, furono successivamente emulati: si pensi ai giardini dell’isola Bella sul lago Maggiore, alla villa di Adriano a Tivoli, all’Alhambra di Granada, alla tomba di Augusto a Versailles, ecc.
Il Giardino Persiano
(Quadripartito)
Gli antichi giardini persiani vengono costruiti da Ciro il Grande a Sardi, a partire dal 500 a.c.
Tale Parco di Sardi è un giardino di grandi dimensioni con un impianto di impostazione geometrica in cui si alternano filari di alberi ad alto fusto a zone di caccia.
Le zone libere sono mantenute a prati costantemente irrigati.
I muri separano questo giardino persiano dal deserto in modo da immergere tutto quello che racchiudono in un insieme di bellezza e di ordine; lo spazio interno, infatti è diviso in quattro parti da due assi ortogonali sottolineati da un viale o da una linea d’acqua la cui intersezione forma un bacino o una fontana.
Il motivo dei quattro fiumi del paradiso nei quali scorrono acqua pura, latte, vino e miele che dividono i quattro giardini dell’Anima, del Cuore, della Mente e dell’Essenza , sottolinea l’alto significato ideologico e religioso del giardino persiano, cercando con esso di riprodurre l’immagine ed il desiderio del paradiso.
Il giardino è allietato da uccelli e dal canto degli zampilli delle fontane ed è disseminato da padiglioni posti sul fondo di assi prospettici o circondati da specchi d’acqua.
La rigorosa geometria, l’acqua, la vegetazione lussureggiante e la fragranza dei profumi sono quindi i caratteri dominanti di questo giardino ascetico e sensuale.
Il Giardino greco
(Bosco sacro degli dei)
Inteso come luogo di piacere contemplativo presso gli Assiri, i Babilonesi e gli Egizi, il giardino è nella civiltà dell’antica Grecia soprattutto la manifestazione dell’interesse verso la campagna e i luoghi naturali.
Diversamente dai popoli succitati, i greci non considerano il giardino come una vera opera d’arte, tuttavia ne distinguono due tipologie che Omero indica nell’Odissea: il Giardino Della Fecondità ( quello di Alcino o Laerte, e dei Feaci) la cui bellezza e ricchezza corrispondono ai suoi frutti, sempre presenti dove vengono bandite le stagioni e il Giardino Degli Dei (quello di Calipso) dove la natura non è più la feconda produttrice di frutti e fiori, ma in essa si ricerca la bellezza e l’armonia fra l’uomo e il paesaggio che lo circonda.
La concezione “sacrale dei luoghi, che fu alla base della cultura greca, fece sì che i greci attribuissero ai luoghi naturali, pianure o montagne, precisi significati simbolici.
Intendono ogni sito come personificazione di una particolare divinità.
Tale concezione determina l’edificazione e la dislocazione degli edifici religiosi templi e santuari e di altre tipologie (teatri in luoghi prescelti dei quali i Greci rispettano la conformazione del paesaggio, adattando ad essa l’architettura).
Analogamente ai manufatti architettonici, anche i giardini degli dei scaturiscono dalla concezione sacra dei luoghi e degli alberi visti come personificazioni divine.
Il bosco è dimora e protezione degli dei ed avvicina l’uomo alla natura.
In esso vengono eretti, a conferma della sua sacralità, monumenti, colonne, cippi, celle e tumuli.
E’ dunque di origine greca, l’idea di un sito naturale consacrato e caro agli dei, vergine e incolto ma sempre piacevole.
Un giardino lirico e religioso, antitetico rispetto alla concezione della natura come luogo di sfruttamento agricolo.
E’ comunque innegabile che nel mondo greco ci fu una spiccata inclinazione per il genere naturale prediligendo gli elementi arborei e gli alberi da ombra.
Il Giardino Romano
La civiltà romana è ai suoi albori legata alla società contadina, alla campagna da cui trae sostegno, ai cicli delle semina e del raccolto, ai boschi, ai fiumi e a tutto ciò che, tramite la natura, diventa utile all’uomo e gli facilita la vita.
Attorno all’urbe esiste una cultura di piccoli spazi cintati coltivati ad ortaggi, cereali e alberi da frutta.
L’Hortus ( semanticamente recinto di protezione di un’area coltivata) è dunque la prima forma di giardino del mondo romano ed, essendo circondato da mura viene definito “Conclusus”.
Il carattere e la funzione propri del giardino romano tuttavia restano sempre legati alla casa.
Sin dall’età repubblicana, l’hortus costituisce l’ideale prosecuzione dell’abitazione.
Per questa ragione, alla divinità del focolare, i Lares Familiares, si affiancano ben presto i Lares Agrestes, divinità del giardino.
Il rapporto tra divinità e natura per cui il culto del bosco ( considerato sacro) è una caratteristica primitiva dei romani, popolo di pastori prima ancora che di agricoltori.
In ogni caso, sia come giardino afferente o come bosco sacro, il significato del giardino romano subisce, nel tempo, una sostanziale evoluzione: al carattere prevalentemente utilitario ed alle connotazioni simboliche e religiose, si aggiungono, in epoca imperiale, aspetti letterari e filosofici e si modifica anche l’assetto della vegetazione con l’introduzione delle piante ornamentali e dei fiori.
Nelle sue varie manifestazioni e al termine delle sue stagioni, il giardino romano adempì a diverse funzioni:
¯ Luogo Sacro (bosco)
¯ Hortus Produttivo
¯ Spazio di piacevole soggiorno
¯ Area di rappresentanza
¯ Luogo di delizie e di ostentazione
¯ Luogo di conversazione e di studio
Fra il II e il I secolo a.c. si ha l’evoluzione del giardino privato e la fioritura di Ville Suburbane ( case di campagna) a seguito della diffusione di trattati di agricoltura e di orticultura di autori del I secolo a.c. , quali Columella e Marco Terenzio e delle Georgiche, il capolavoro di Virgilio. Proprio quei giardini custodiranno la summa delle conoscenze botaniche dell’antichità; e saranno fonte d’ispirazione e modello per gli umanisti del Rinascimento.
Le ville suburbane, costituite da grandi complessi architettonici, sono fornite anche di terme, biblioteche, teatri, anfiteatri, palestre e ginnasi dislocati su vaste aree collegate da viali, terrazzamenti e scalee.
Fu soprattutto a partire dal periodo Augusteo che il giardino si definisce come un’area compiuta in se: in esso la vegetazione diventa architettura attraverso la pratica dell’arte topiaria consistente ne modellare con tecniche di potatura, le chiome degli alberi, in forme geometriche e figurative. Il termine deriva dalla figura classica del topiarus, ovvero il giardiniere.
Il lauro, il bosco, il mirto e il tasso vengono preferiti perché facilmente modellabili. Il giardino romano costituì il presupposto fondamentale per lo sviluppo del giardino all’italiana del rinascimento oltre che il punto di partenza della vera storia dell’arte dei giardini.
Il Giardino Islamico ( geometria e simbolo)
Considerato nel Corano metafora del paradiso, luogo di delizie e di piaceri nel quale raggiungere la felicità dei sensi, il giardino islamico presenta un carattere connotato da un forte simbolismo.
Esso è il risultato delle fusione delle conoscenze che gli Arabi acquisirono dalle civiltà con cui vennero a contatto, ovvero dalla cultura egizia, da quella persiana e da quella romana.
Diffusasi dall’VIII secolo d.c. nel bacino del mediterraneo in seguito alle conquiste dei seguaci di Maometto, la cultura islamica produce un’arte nella quale il giardino acquista un ruolo centrale.
Tale è l’importanza di questa forma d’arte che essa costituisce l’oggetto di una vasta trattatistica nella quale, assieme alle indicazioni sulle specie vegetali da utilizzare, vengono forniti anche i criteri per la progettazione dell’impianto del giardino, la scelta del sito, i metodi di approvvigionamento idrico, l’uso dell’acqua in forma architettonica.
Profondi conoscitori della matematica e delle geometria, custodi delle conoscenze scientifiche dell’antichità, esperti nella classificazione e nella descrizione delle specie botaniche, gli Arabi applicano al giardino rigide regole geometriche ed elaborano un impianto nel quale trovano spazio i criteri desunti dal giardino persiano e da quello romano.
Dal primo, il giardino islamico eredita il gusto decorativo, la pianta rettangolare, il perimetro delimitato da alti muri, la spartizione dell’area in quattro parti ( simbolismo che allude ai quattro elementi sacri, ovvero il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra) attraverso canali d’acqua all’incrocio dei quali è posta una fontana.
Dall’impianto del giardino romano gli Arabi traggono invece il rigore classico. Il giardino, quasi sempre rettangolare e delimitato da alti muri coperti da vegetazione, costituisce un’area nella quale si fondono profumi e colori e manifesta l’aspirazione del paradiso maomettano che si cerca di ricreare nella vita terrena. L’acqua simbolo di vita e di purezza costituisce all’interno del giardino l’elemento di maggiore rilevanza.
Essa si manifesta in modo sempre differente e sorprendente, prendendo la forma di vasche, canali, fontane, zampilli, connotando la sequenza degli spazi e dei cortili e, conferendo al giardino anche un carattere sonoro.
Nel giardino islamico, le pavimentazioni dei viali e delle vasche, sono realizzate in ciottoli colorati o in mattonelle di maiolica.
Il carattere lussureggiante del giardino è mantenuto attraverso l’impiego di piante a foglia perenne. In particolare viene utilizzato il cipresso, secondo il Corano simbolo dell’eternità e della bellezza femminile. I primi giardini islamici appaiono in Europa nell’VIII secolo, al tempo delle conquiste arabe del sud e del nord-est della Spagna: il Patio De Los Narajos della Moschea di Cordova, i giardini del Generalife e quelli dell’Alhambra di granada.
Gli ultimi due risultano collegati attraverso un viale di cipressi.
Il Generalife presenta una sequenza di terrazze raccordate da scale mentre l’Alhambra è posta sulla parte più alta del colle.
Nell’Italia meridionale, e particolarmente in Sicilia, lussureggianti giardini islamici sorgono intorno alle chiese di S. Giovanni degli Eremiti, di S. Cataldo e della Martorana a Palermo e del Duomo di Monreale.
(467 – 1300 d.c.)
Al contrario di quello che successe in Oriente, dove i giardini non vennero ma abbandonati, in Occidente, con la caduta dell’Impero Romano ( 467 d.c.) e le invasioni barbariche, la grande civiltà giardiniera si interrompe.
Il Medioevo è un’epoca senza grandi giardini.
Nelle sue tre diverse connotazioni formali, il giardino del Borgo, quello del Monastero e quello del Castello, tale forma d’arte mantiene tuttavia una serie di implicazioni di carattere ideologico e simbolico.
La vita è prevalentemente rurale, basata su una economia agricola povera, autarchica, al limite della sussistenza, in cui i raccolti sono scarsi.
La sicurezza dell’esistere è sempre più legata alla possibilità di concentrarsi e vivere in ambienti fortificati: i civili si ammassano nei borghi che sono recinti da mura e spesso si elevano, alti, su zone paludose, e allo stesso modo la vita religiosa si svolge dentro i conventi, anch’essi fortificati.
Al giardino non resta che uno spazio esiguo sia all’interno del borgo, che del castello o del monastero.
I conventi tuttavia non sono solo centri religiosi ma tendono ad acquistare nel tempo, una forte valenza economica come centri di lavoro e di produzione.
Sono i luoghi dove si conserva e si tramanda la cultura.
Non stupisce, dunque, se le maggiori informazioni di cui oggi disponiamo hanno a che fare con la tradizione e la cultura monastica.
Il Clero diventa non solo veicolo di diffusione di dottrine religiose, ma anche di una cultura fortemente pervasa da latinità: libri sul giardino sono dunque scritti in latino.
Per questo si presume che la memoria letteraria del giardino romano sia rimasta a lungo fissata.
L’arte del giardino e la trasmissione del sapere botanico sopravvivono, dunque nel corso dell’Alto Medioevo grazie ai maestri giardinieri che lavorano pressi nobili, sovrani, uomini di chiesa e, soprattutto grazie alle, Comunità Monastiche.
Nelle biblioteche di queste ultime viene custodita la cultura antica insieme a tutte le conoscenze botaniche che i monaci acquisiscono, annotano in calendari, scritti, miniature e provvedono a far circolare attraverso gli scambi con altri centri religiosi.